Monsignor Gianfranco Todisco è vescovo di Melfi-Rapolla-Venosa da poco meno di dieci d’anni. Alle spalle ha un’esperienza ventennale di missione – in Canada, quindi in Colombia – che oggi traduce in un preciso stile pastorale: «Convinto che non possiamo attardarci ad aspettare che la gente venga a noi, spingo i miei preti ad andare nelle case, a calarsi nella realtà in cui la gente vive, per raccoglierne le inquietudini e offrire la speranza che nasce dalla fede».
Ad approfondire tale solco ha invitato il vescovo Mariano Crociata, che nella mattinata di ieri si è soffermato con sacerdoti, religiosi e diaconi permanenti. «La nostra responsabilità di pastori non sopporta pigrizie o arresti, né che ci si ponga fuori dal corso degli eventi e del cammino della fede e della Chiesa» ‘ ha sottolineato il segretario generale della Cei. «Sulla linea del magistero di Benedetto XVI ‘ ha aggiunto ‘ dobbiamo tornare alle realtà essenziali del cristianesimo, conservando viva l’integrità del messaggio e il patrimonio che siamo chiamati a trasmettere». Nel coinvolgimento personale e nella conversione pastorale Crociata ha indicato la via per affrontare un contesto sociale e culturale nel quale non è più «naturale» diventare cristiani.
Su questa riflessione il segretario generale è tornato nel pomeriggio, intervenendo in Cattedrale all’Assemblea diocesana che ha aperto il nuovo Anno pastorale: «In pochi decenni ‘ ha rilevato ‘ si è consumato il passaggio da una comunità integrata a una società complessa e pluralistica; da una forma nella quale il cristianesimo impregnava tutte le dimensioni della convivenza, ci troviamo a muoverci in una società fortemente secolarizzata». Se non è mai stata una realtà scontata, oggi quando anche tanti battezzati non sono diventati cristiani – la fede richiede un percorso di catecumenato, analogamente a quanto è avvenuto nella Chiesa dei primi secoli. Sulla scorta degli Orientamenti pastorali del decennio, Crociata ha concluso indicando le tre condizioni di tale cammino: un’esperienza ecclesiale che educhi all’incontro con Cristo; la qualità della testimonianza negli educatori; una formazione alla libertà, così da rendere la persona capace di accogliere consapevolmente la vita e la fede. (I.Maf.) (dal quotidiano “Avvenire” del 9 settembre 2012 pag.23)