Gerusalemme, 5 aprile 2005
Caro Giorgio Bernardelli,
nel libro di cui mi ha inviato un’anteprima ho trovato finalmente chi ha
avuto il coraggio di superare i luoghi comuni e guardare in faccia la
realta’, accorgendosi di situazioni forse poco visibili ma molto
significative. Leggendolo mi sono venute in mente parole come quella di
Isaia: “Ora ti faccio udire cose nuove / e segrete, che nemmeno sospetti”
(Is 48, 6; vedi anche Ger 31, 22 e ss.). Infatti molta gente pensa a
Gerusalemme oggi come la citta’ dei conflitti. I mass media hanno
sottolineato in questi anni passati gli atti di terrorismo, creando persino
nella nostra gente la paura di venire qui in pellegrinaggio, paura che oggi
fortunatamente appare un po’ superata.
Ma a di la’ di queste immagini di violenza, che pure sono vere, mi sono
sempre sforzato, incontrando i nostri pellegrini, di dire che la Gerusalemme
odierna presenta anche altri aspetti, quelli cioe’ di dialogo, di mutua
accoglienza, di riconciliazione, che pur non facendo per ora notizia, sono
capaci di farci intravedere quale sia la via di un futuro di pace. Lei ha
raccolto in queste pagine alcuni di questi esempi, tra cui vedo come
particolarmente commovente quello del “Parent’s circle”, che viene descritto
per primo. Si tratta di persone colpite gravemente negli affetti familiari
per la morte di uno dei loro cari ucciso dalla violenza, che non hanno
voluto chiudersi nel loro dolore ma hanno cercato di comprendere il dolore
dell’altro, di chi, pur trovandosi dall’altra parte, ha sofferto un lutto
simile. Ne sono nate iniziative ammirevoli di incontro e di dialogo che
mostrano la fecondita’ anche umana di un simile atteggiamento che non esito
a definire “evangelico”, anche se nato al di fuori della tradizione
cristiana.
Interrogato recentemente su che cosa mi colpisce di piu’ nella Gerusalemme
di oggi, non ho esitato a rispondere che vedo in essa anzitutto la citta’
della preghiera, la citta’ del dialogo e la citta’ dell’amore. Citta’ della
preghiera, perche’ in essa si prega molto, sia dagli ebrei, in particolare
nello shabbat e nelle feste, sia dai musulmani nei loro giorni di preghiera,
sia dai cristiani, in particolare nelle domeniche. Citta’ del dialogo,
perche’ innumerevoli sono le iniziative di dialogo e di incontro sia a
livello religioso (tra ebrei e musulmani, ebrei e cristiani, come pure i
dialoghi a tre) sia a livello culturale e civile. Citta’ dell’amore, a causa
della molteplicita’ di istituzioni e gesti di carita’ e di assistenza ai
piu’ deboli, da parte di un volontariato che proviene da Israele, dai paesi
arabi e da ogni parte del mondo.
Con cio’ non si negano anche i dolorosi aspetti del conflitto, che Lei
richiama pure in queste pagine. Ma quanto il Suo libro vuole sottolineare e’
quel cammino silenzioso ma efficace di dialogo e di riconciliazione che e’
gia’ una risposta di Dio alle nostre preghiere per la pace e che non potra’
non portare frutto anche a livelli piu’ visibili.
Scrivo questa lettera alla vigilia del mio viaggio a Roma per partecipare
alle esequie di papa Giovanni Paolo II. Egli ha sottolineato con forza la
necessita’ di creare ponti anche la’ dove ci sono conflitti e queste pagine
sono una testimonianza della verita’ e fecondita’ del suo coraggioso e
instancabile impegno per la pace, che egli ha perseguito fino all’ultimo
istante della sua esistenza.
Suo cordialmente
Carlo Maria card. Martini, S.I.