CIRO FANELLI
VESCOVO DI MELFI-RAPOLLA-VENOSA
Se noi conoscessimo il dono di Dio!
RIFLESSIONI PER LA 3° DOMENICA DI QUARESIMA
NEL TEMPO DEL COMUNE CONTRASTO ALLA DIFFUSIONE DEL CORONAVIRUS
(Gv 4,1-42)
Fratelli e sorelle,
Una fase di grande emergenza sanitaria
1. nessuno di noi avrebbe mai immaginato di vivere questa terza domenica di Quaresima 2020 in questo modo, e soprattutto con l’impedimento a celebrare la Santa Messa comunitariamente. Il concorso dei fedeli è stato giustamente impedito dalle autorità governative. Le ragioni oggettive addotte sono, purtroppo, gravissime e sono davanti agli occhi di tutti. Per alcuni però queste ragioni restano ancora incomprensibili, e questo mi addolora. Non dobbiamo banalizzare l’allerta sanitaria e tutte le necessarie prescrizioni: un calo di vigilanza può mettere in pericolo la salute di tutti. In queste ore, stiamo sperimentando, sotto un’angolatura molto diversa, la verità delle parole dell’apostolo Paolo: “pur essendo molti, siamo un solo corpo” (Rm 12, 5). Si, siamo un solo corpo: gli errori di uno ricadono su tutti; le attenzioni di tutti, avvantaggiano ognuno. Non celebrare comunitariamente l’Eucaristia è sicuramente una grande sofferenza, per tutti! Per noi sacerdoti, per voi fedeli. In questo momento delicato penso in particolare agli anziani e agli ammalati; penso alle famiglie e ai bambini; penso ai nostri giovani: a tutti dico la mia cordiale e paterna vicinanza! La mia preghiera personale è sempre per voi. Ma, in questo particolare e drammatico momento, lo è in modo tutto speciale: la mia preghiera – ve lo assicuro – è tutta per voi, per ciascuno di voi. Ma, mi permetto di chiedervi: preghiamo fortemente gli uni per gli altri.
Le nostre case, vere chiese domestiche
2. Riscopriamo le nostre case come chiese domestiche, ricordando le parole di Gesù “dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18, 20). L’emergenza sanitaria è grande: la comunità cristiana, pastori e fedeli, condivide la preoccupazione dell’Italia, dell’Europa e
del mondo intero. Questo è per tutti un tempo di grande responsabilità: responsabilità civica e morale. Tutti dobbiamo sentirci investiti del grave dovere morale di prevenire il diffondersi del contagio attraverso i nostri comportamenti: la prevenzione per la salute di tutti, passa attraverso la massima attenzione di ognuno. Accogliamo quindi gli obblighi, i divieti, i consigli con spirito di vera collaborazione. Non è questo il tempo delle polemiche, che sono sempre sterili e dannose, ma le polemiche, soprattutto in circostanze come queste, sono distruttive. Non serve il panico, serve invece tanta lucidità; non serve la superficialità, serve invece tanta scrupolosa attenzione. Tutti stiamo comprendendo che, come ha ribadito la Conferenza Episcopale Italiana, “più che soffiare sulla paura, più che attardarci sui distinguo, più che puntare i riflettori sulle limitazioni e sui divieti del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, la Chiesa tutta sente una responsabilità enorme di prossimità al Paese”.
Eucaristie senza popolo, ma per il popolo
3. E’ questo il tempo in cui stiamo celebrando l’Eucaristia senza popolo, ma dobbiamo anche ricordarci che ogni volta che si celebra l’eucaristia, la si celebra sempre per tutto il popolo. E’ questo un tempo da vivere con grande responsabilità proprio in quanto credenti! Un tempo che dobbiamo riempire di preghiera personale e familiare, riscoprendo le nostre case e le nostre famiglie come chiese domestiche. I mezzi attuali di comunicazione sociale possono aiutarci a seguire fruttuosamente celebrazioni e riflessioni spirituali; ma essi non devono sostituire la nostra preghiera personale: leggiamo e meditiamo, dunque, il Vangelo; preghiamo a casa la liturgia delle lodi e dei vespri; recitiamo in famiglia il Santo Rosario e la preghiera della “Via crucis”; facciamo ogni giorno la comunione spirituale: ripeto, valorizziamo le nostre case come luoghi di fede e di preghiera, in attesa di poter ritornare nelle aule liturgiche delle nostre Chiese per riempirle cantando un grande “Te Deum”.
Se conoscessi il dono di Dio
4. In questa terza domenica di Quaresima, la parola di Gesù risuona provvidenzialmente come un farmaco per le nostre anime, prese dalla paura per questo terribile virus, il covid-19. La parola di Gesù è sempre un farmaco per le nostre paure e per tutte le nostre malattie spirituali e materiali. Oggi, Gesù dice a noi, come alla donna di Samaria: “Se conoscessi il dono di Dio”! Il Gesù che entra in dialogo con questa donna è un Gesù che è in viaggio e per la stanchezza si ferma al pozzo di Sicar; è un Gesù che con tutti gli uomini “condivide la fatica e l’insicurezza dell’esistenza terrena. Pellegrino tra noi pellegrini, oggi – in quell’oggi che è ogni istante della vita presente – stanco e assetato, siede presso il pozzo di Giacobbe vicino alla città di Sicar, in Samaria: in terra considerata straniera; possiamo dire: nella terra della nostra povertà. È mezzogiorno. È l’ora più calda del giorno, l’ora della stanchezza. E Gesù è stanco della nostra stanchezza; meglio, si fa stanco, accetta di sperimentare l’umana stanchezza per potersi incontrare con la nostra debolezza” (A. M. Canopi). E’ vero! Noi forse, come la donna samaritana, non conosciamo ancora pienamente il dono di Dio. Un dono che è la Parola forte e viva, di cui questo nostro mondo, in questo particolare e tragico momento, ha urgente bisogno.
Chi crede non trema
5. Un “dono” che ci porta a dire nella fede: “Chi crede non trema! Chi crede non vacilla!”. Si, miei cari, riscopriamo in questi giorni drammatici – che ci sembrano un grande sabato santo, per il grande silenzio che regna nei nostri paesi e nelle nostre strade – la potenza del kerigma: “chi beve l’acqua – dice Gesù – che io gli darò non avrà più sete” (Gv 4, 10)! Non dobbiamo, pertanto, miei cari, inventarci un altro Vangelo per ritrovare le ragioni vere della speranza, ma quell’unico Vangelo di Gesù deve ora ri-entrare (entrare nuovamente) con una forza maggiore nei nostri cuori per trasformarli. Non cadiamo nell’errore di pensare che per il fatto che abbiamo sospeso la celebrazione dei riti, abbiamo interrotto la preparazione alla pasqua. Anzi, è tutt’altra la verità! Non cadiamo nell’errore che per il fatto che dobbiamo mantenere le necessarie distanze tra di noi, abbiamo spezzato i legami tra noi, anzi, è tutt’altra la verità dei fatti! Prepariamo la Pasqua.
Prepariamo la Pasqua e diciamo parole che sanno di Vangelo!
6. Si, prepariamo la Pasqua! Con rinnovato coraggio credente “prepariamo la Pasqua”, e come di recente ha scritto Gianfranco Brunelli su la rivista “Il Regno”, “prepariamo la Pasqua nel sabato del tempo”! Io voglio, miei cari, nel mio piccolo – accogliendo l’invito del direttore Brunelli – far sentire la mia voce: voce che vuole ri-proporre con forza e umiltà il Vangelo della risurrezione! Non lo dimentichiamo: siamo gente di Pasqua! Sempre, ovunque e comunque. Proprio perché ci avviciniamo alla Pasqua: una parola di vita e di risurrezione non deve mancare sulle labbra della Chiesa e dei cristiani; una parola che non deve ridursi al tema, pur necessario e doveroso, come dicevo all’inizio di questa mia meditazione, della chiusura delle chiese, dell’opportunità o meno di celebrare le funzioni liturgiche. Voglio pronunciare, invece, una parola che abbia il sapore del Vangelo, e voglio che con me voi tutti come singoli e come comunità cristiana la diciate a questo nostro territorio: una parola che abbia il sapore del Vangelo; questa è buona notizia per il grande dramma collettivo che stiamo vivendo! Ci sentiamo tutti più fragili, è vero! Con una modalità nuova tocchiamo con una mano una grande fragilità collettiva, che non avremmo mai pensato di poter sperimentare prima.
Annunciare la Risurrezione
7. “Questo è il tempo” – dice un canto che risuona nei tempi liturgici forti – “questo è il tempo dell’annuncio del Vangelo”: in questo tempo di grande fragilità globale, che ci rimanda la realtà della malattia, del contagio, della morte. Ma queste realtà, malattia e morte, per noi cristiani sono legate al tema della risurrezione. E, con Brunelli, voglio citare, anche io, le parole di San Paolo ai Corinti: “Se soltanto per ragioni umane io avessi combattuto a Efeso contro le belve, a che mi gioverebbe? Se i morti non risorgono, mangiamo e beviamo, perché domani moriremo” (1 Cor 15, 32). Ecco il “dono di Dio” di cui Gesù ci parla in questo brano del Vangelo, che ci racconta il dialogo con la donna samaritana. Gesù vuole che conosciamo questo dono di Dio. Questo dono di Dio è l’acqua che disseta veramente e per sempre! È l’acqua della Parola di Dio; è l’acqua dello Spirito Santo; è l’acqua della Grazia che il Signore fa giungere attraverso i cuori aperti alla fede! Ecco la vocazione del cristiano: operare con la forza del Vangelo, in qualsiasi situazione, per una trasformazione profonda del tempo cronologico.
Siamo entrati in una lunga vigilia, in attesa dello Spirito
Melfi, 14 marzo 2020