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IDEE PER “RI-PARTIRE”…

Chiamati a riscoprire e a vivere la DIGNITÀ BATTESIMALE - Figli nel Figlio e fratelli nella Chiesa

Ai presbiteri, ai diaconi, ai religiosi e alle religiose,
alle comunità parrocchiali,
agli operatori pastorali e agli organismi diocesani

Carissimi,

mentre ci prepariamo ad entrare nella “Fase 2” dell’emergenza sanitaria e ad accogliere le nuove disposizioni governative che consentiranno la ripresa  –  sia pure in modo graduale e controllato – della vita sociale dopo la lunga e dolorosa battuta d’arresto dovuta alla diffusione del Covid-19, desidero tornare a dialogare con voi per riprendere il nostro cammino diocesano e per preparare progressivamente la ripresa della vita delle nostre comunità e dei servizi pastorali.

La constatazione che la pandemia ha bloccato tutti i programmi e che continua a chiederci di modificare ancora in modo radicale tutti i rapporti sociali, ci costringe anche come comunità ecclesiale a maturare e strutturare un diverso modo di pensare, ad assumere atteggiamenti nuovi e a cercare nuove vie per servire il popolo. Questa rimodulazione pastorale, a cui saremo inevitabilmente costretti, passerà evidentemente anche attraverso la recezione attenta delle disposizioni che saranno emanate dalle Autorità.

Questa particolare e inconsueta situazione spinge tutti a fare una profonda riflessione. Anche noi, come comunità cristiana, siamo chiamati a fare una lettura di ciò che è accaduto e di ciò che sta accadendo. La nostra lettura, evidentemente, pur abbracciando tutti gli aspetti umani, sociali, economici e sanitari coinvolti, non potrà non essere – come ha detto la CEI in una recente nota – una “lettura spirituale e biblica”. In questa lettura secondo molti osservatori è importante ricordare che ad oggi una cosa è certa: “la ripresa non sarà contraddistinta da ritmi e abitudini precedenti alla crisi”.

Questo tempo di pandemia, tra le tante priorità, ci porta anche a ridare uno spazio nuovo ad alcuni aspetti del nostro agire ecclesiale (la preghiera, l’intercessione, ecc …), che pur essendo stati sempre presenti nell’esercizio della vita della Chiesa, oggi richiedono comunque una consapevolezza rinnovata e una evidenza maggiore.

Alla luce della complessità e delicatezza della situazione, rinnovo la mia gratitudine a tutti i nostri sacerdoti perché sono “sentinelle di speranza e di carità”; ringrazio anche la Caritas diocesana, i Centri di ascolto e le Caritas parrocchiali per il prezioso e faticoso servizio che stanno svolgendo per rispondere ai molteplici ed  emergenti bisogni delle fasce più deboli della nostra gente (poveri, famiglie senza lavoro, ecc…).

Spero, quanto prima, di comune accordo con i confratelli Vescovi della Basilicata, di comunicarvi – come già vi preannunciavo nella mia lettera sulle disposizioni per la celebrazione dei Riti della Settimana Santa – la data della Messa Crismale, con la quale riprenderemo comunitariamente il nostro cammino diocesano. La data, evidentemente, potrà essere decisa solo con la modifica delle restrizioni in vigore e di comune accordo con le altre diocesi lucane.

 Invece, circa il cammino pre-convegno e post-convegno è chiaro che dovrà essere tutto opportunamente rivisto. Nel frattempo, però, vi faccio giungere lo strumento di lavoro – approvato nel Consiglio Presbiterale del 25 febbraio u.s. –   che doveva essere il sussidio di riflessione con il quale le singole comunità parrocchiali, coinvolgendo tutti gli operatori pastorali, avrebbero dovuto avviare formalmente il percorso di preparazione al Convegno Pastorale Diocesano.

Purtroppo, la situazione attuale – determinata dai divieti governativi – ci impone ancora di rinviare tutte le iniziative pastorali fino al momento in cui rientrerà completamente l’emergenza sanitaria. Ciò non toglie, però, che questo tempo – per quanto difficile – potrà essere utilizzato anche per mentalizzare, con maggiore lucidità e riflessione, mete, motivazioni e percorsi da attuare per riavviare in maniera propositiva e significativa il nuovo cammino pastorale.

Lo strumento di riflessione è intitolato “Chiamati a riscoprire e a vivere la dignità battesimale – Figli nel Figlio e fratelli nella Chiesa”. Esso intende accompagnare la nuova fase del progetto diocesano, delineando un ulteriore punto di svolta e di approfondimento. Il testo approvato il 25 febbraio u.s. dal Consiglio Presbiterale, infatti, offre spunti di riflessione sia per approfondire il tema della “comunione e ministerialità, per una Chiesa in uscita”, sperimentando che “pur essendo molti siamo un solo corpo in Cristo” (Rm 12, 5), e sia per delineare un nuovo snodo del nostro cammino diocesano.

Il nostro percorso diocesano pre-convegno e post-convegno continua ad essere modulato sulle attenzioni pastorali emerse nei Convegni ecclesiali di Verona (2006) e di Firenze (2015). Questa scelta, pur segnata da inevitabili imperfezioni e difficoltà, si rivela comunque feconda e significativa in quanto in grado di aiutarci a dare una svolta missionaria al nostro essere Chiesa e al nostro agire pastorale. Essa intende, infatti, anche illuminare la riflessione pastorale, guidare la ristrutturazione degli organismi diocesani e orientare l’agire ecclesiale mutando criteri e prospettive dai cinque ambiti di vita (affettività, lavoro e festa, fragilità, tradizione, cittadinanza) e dai i cinque verbi (uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare) che declinano il percorso della Chiesa italiana per attuare gli orientamenti dell’Evangelii Gaudium.

Questa fase diocesana doveva anche affiancare il cammino parrocchiale per ricostituire i nuovi Consigli Pastorali, dai quali sarebbero nati i quattro nuovi Consigli Pastorali Zonali e il Consiglio Pastorale Diocesano.

Questa non facile esperienza sociale e comunitaria determinata dalla pandemia ci spinge a riconoscere la validità di un principio che sta molto a cuore al Papa, secondo il quale “il tempo è superiore allo spazio” e che noi siamo chiamati “ad avviare percorsi” piuttosto che ad “occupare spazi” (cfr. EG 222-223).

Questo strumento di riflessione può diventare anche un’ottima base per delineare una buona pista per aiutarci a ripartire in maniera più convinta e più entusiasta nel nostro impegno di edificare il corpo di Cristo che è la Chiesa (cfr. Ef 4, 12) e di  dare un nuovo impulso al rinnovamento missionario di tutta la comunità (cfr. EG 25).

Chiedo a tutti di accogliere questo strumento come un aiuto per la missione che abbiamo in comune.

Melfi, 25 aprile 2020 – Festa di San Marco Evangelista.

+ Ciro Fanelli

Vescovo


MESSA DEL CRISMA 2020

MELFI, 28 MAGGIO ORE 10.30

CIRO FANELLI

VESCOVO DI MELFI–RAPOLLA-VENOSA

Melfi, 19 maggio 2020

Prot. n. 14/2020/VE

 CONVOCAZIONE DELLA MESSA CRISMALE
E INDICAZIONI PER LE CELEBRAZIONI
DELLA SOLENNITA’ DEL CORPO E SANGUE DEL SIGNORE
E DELLE  FESTE E DELLE PROCESSIONI
NELLA  “FASE 2” DELLA PANDEMIA DA COVID-19

Carissimi fratelli presbiteri,

accogliendo le indicazioni del Santo Padre circa la celebrazione della Messa Crismale da effettuarsi entro la Pentecoste, dopo aver udito il Collegio dei Consultori e i Referenti delle quattro zone pastorali, in comunione con le altre Diocesi di Basilicata, vi comunico che essa per la nostra Diocesi verrà celebrata giovedì 28 maggio alle ore 10,30 nella Basilica Cattedrale di Melfi.

Evidentemente parteciperemo soltanto noi ministri, presbiteri e diaconi, alcuni collaboratori liturgici, i religiosi e le religiose della Diocesi, sempre in base alla capienza della Cattedrale di Melfi e nel rispetto delle misure sanitarie vigenti. Questo tempo di Pasqua, come già vi anticipavo nelle precedenti comunicazioni, doveva portare le nostre comunità verso il Convegno Pastorale, con un lavoro all’interno delle singole comunità parrocchiali di riflessione e di coinvolgimento, e doveva anche condurci alla ricostituzione dei Consigli Pastorali (parrocchiali, zonali e diocesano), ad alcuni avvicendamenti parrocchiali e alla riformulazione della Curia diocesana. Evidentemente molte di queste scelte si dovranno rinviare inevitabilmente nei prossimi mesi; però, in occasione della Messa Crismale, potrò già comunicarvi il nome del presbitero che mi affiancherà come Vicario Generale.

Circa gli Oli santi: giovedì mattina, facciamo in modo di arrivare a Melfi in Cattedrale con un po’ di anticipo, così da consegnare  – nel rispetto delle distanze di sicurezza e senza creare assembramenti – ai collaboratori della Parrocchiale Cattedrale i contenitori, già in possesso di ogni Parrocchia, per gli Oli santi. Al termine della celebrazione  – o sarebbe meglio anche nei giorni immediatamente successivi –  si potranno ritirare i rispettivi contenitori.

Circa la Solennità del “Corpus Domini” (domenica 14 giugno 2020), poiché quest’anno tutte le celebrazioni saranno eseguite sempre secondo le restrizioni in vigore, non si svolgeranno in nessun modo le processioni eucaristiche.

La processione con il SS. Sacramento sarà sostituita con un tempo di adorazione eucaristica. Nei centri abitati con più Parrocchie, ovvero Melfi, Venosa, Lavello e Rionero, nel giorno del Corpus Domini non devono esserci concelebrazioni interparrocchiali. Ma in ogni Parrocchia ci siano le celebrazioni secondo gli orari stabiliti e dopo la celebrazione della messa vespertina, come dicevo sopra, ci sia un tempo di adorazione eucaristica.

Si ricorda anche che processioni e feste (patronali e non) in onore della Madre di Dio e dei Santi quest’anno sono tutte sospese, fino a nuove indicazioni. Queste disposizioni, già contenute nelle prescrizioni della Conferenza Episcopale di Basilicata che vi ho comunicato il 2 aprile u.s. riguardano anche tutte quelle forme non liturgiche di far “girare” le sole statue della Madonna e dei Santi per le strade della comunità parrocchiale e/o cittadina, a volte anche con rappresentanze ridotte di autorità e popolo.

Questo nostro profilo sobrio di presenza sul territorio sia anche il segno di una comunità ecclesiale non solo rispettosa delle leggi civili e sanitarie di emergenza, ma anche di una realtà ecclesiale partecipe della crisi sociale in cui, purtroppo, a causa della pandemia siamo entrati. Per quanto riguarda gli attuali orientamenti diocesani circa le processioni e le feste religiose informerò con una mia lettera anche i Sindaci dei Comuni della Diocesi.

In attesa di poterci incontrare giovedì 28 maggio per la celebrazione della messa crismale con il rinnovo delle promesse sacerdotali, vi saluto e vi ringrazio, con stima fraterna.

+ Ciro Fanelli
Vescovo

 

#chiciseparera

GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI

Una Veglia di preghiera da vivere a casa o in Chiesa. La proposta dell'Ufficio Nazionale per il 24 maggio.

Una Veglia di preghiera in occasione della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. È la proposta dell’UCS che ha curato uno schema molto semplice per accompagnare un momento di raccoglimento da vivere a casa o in Chiesa. L’invito è a pregare “per l’umanità intera in questo tempo difficile di emergenza a causa della pandemia”, ma anche “per tutti gli operatori delle comunicazioni sociali, perché possano riconoscere anche in mezzo al male il dinamismo del bene e dargli spazio”.
Il Sussidio prevede un’introduzione, la lettura di alcuni passi della Bibbia che narrano “la storia delle storie” intervallata dall’accensione di sette candele, la contemplazione dell’icona del Volto di Cristo che ci aiuta a “riannodare il tessuto della vita, ricucendo le rotture e gli strappi” e l’invocazione finale alla Vergine Maria “che ha saputo sciogliere i nodi della vita con la forza mite dell’amore”.

https://comunicazionisociali.chiesacattolica.it/verso-la-gmcs-una-veglia-di-preghiera/ ​

 


MONS. FANELLI SCRIVE ALLE FAMIGLIE

IN OCCASIONE DELLA FESTA DELLA MAMMA

CIRO FANELLI

VESCOVO DI MELFI–RAPOLLA-VENOSA

 

LETTERA ALLE FAMIGLIE DELLA DIOCESI
IN OCCASIONE DELLA “FESTA DELLA MAMMA”
NEL MESE MARIANO IN TEMPO DI COVID-19

 

Carissime Famiglie,

  1. Augurio a tutte le mamme.

innanzitutto un grande augurio, carico di stima e di affetto, a tutte le mamme! La nuova fase dell’emergenza sanitaria ancora in corso, ci porta, nel rispetto delle misure cautelative per impedire il contagio, a riprendere gradualmente i ritmi del vivere sociale e comunitario. Sento il bisogno, all’inizio di questa “Fase 2”, in prossimità della festa della mamma nel mese dedicato alla Madre di Dio, di ringraziare tutte le famiglie per il grande senso di responsabilità mostrato e per essere state, come sempre, in questo lungo periodo di prova, scuola di vera umanità e di reale socialità.

  1. Le famiglie “scuole” di vera umanità

In modo particolare rivolgo il mio pensiero grato a tutte quelle famiglie che con amore e spirito di sacrificio “custodiscono” le persone segnate da disabilità, che ogni giorno sperimentano la fatica e la gioia di un accompagnamento mai facile, ma pur sempre ricco di vera umanità.

Penso alle nostre persone anziane, ai nostri cari nonni: a quanti vivono ancora nel focolare delle loro famiglie e a quanti nelle Case di riposo sperimentano un senso di famiglia che – sebbene non legato alla carne e al sangue – è pur sempre significativo ed efficace nel dare un concreto sostegno materiale e psicologico.

Penso anche ai bambini e ai ragazzi che, nelle case, con la loro presenza stabile e prolungata insieme ai genitori, hanno saputo trasformare, pur con qualche gestita turbolenza, il tempo difficile della pandemia in spazio anche di serenità e gioia.

  1. Il tempo verso la Pentecoste: un tempo decisivo per la nostra vita di fede

Questo periodo per la comunità cristiana coincide con un tempo importantissimo: il tempo di Pasqua, naturalmente proteso verso la Pentecoste. Esso è per noi cristiani un tempo veramente importante! Il periodo pasquale è per certi versi un cammino decisivo rispetto a ciò che è la sostanza della vita cristiana di ognuno. Questo itinerario non è soltanto un percorso liturgico, ma è soprattutto il cammino esistenziale di ogni vero discepolo di Gesù Cristo, nella consapevolezza che “senza lo Spirito, nulla è nell’uomo” (cfr. Sequenza di Pentecoste).

Come Chiesa diocesana di Melfi-Rapolla-Venosa, in questo tempo di lotta alla diffusione della pandemia, il cammino pasquale – che non abbiamo potuto vivere se non in forma telematica – è stato scandito dalla riflessione su sei atteggiamenti pasquali che costituiscono anche alcuni dei pilastri della vita cristiana.

In questi giorni della IV settimana del tempo di Pasqua, dopo aver riflettuto sui verbi “risorgere” e “camminare”, stiamo meditando sull’atteggiamento del “cercare il Signore”: il Signore, infatti, non lo si cerca mai individualisticamente, ma sempre comunitariamente e per creare comunione. Se la ricerca del Signore è sempre personale, l’incontro autentico con Lui rimanda ogni volta alla comunità!

  1. L’incontro con il Risorto ci apre alla comunione in comunità

L’incontro con Gesù Risorto non lascia mai nessuno nella solitudine e nell’isolamento, rimanda comunque a fratelli che condividono la gioia dello stesso incontro. Come non ricordare, a questo punto, le parole con cui Gesù accoglie la ricerca dei primi discepoli che gli domandano: “Maestro dove abiti?” (cfr. Giovanni 1,35-40). Domanda che, in fondo, significa: “Maestro quale è la tua casa, la tua famiglia?”. E Gesù a questa domanda risponde: “Venite e vedete”. Gesù risponde invitandoli ad un’esperienza concreta sia a livello affettivo e sia a livello di concretezza di vita: la verità che è Gesù parla sempre all’interno di un’esperienza che è  lo  stare con Lui (cfr. Mc 3, 13-15).

  1. Dalle famiglie la forza per crescere in umanità

Questa è la forza primigenia di ogni famiglia e di tutte le famiglie: offrire un’esperienza di vita per ogni insegnamento, anche e soprattutto per quello religioso. La famiglia non insegna a parole, ma con l’esempio di vita. La famiglia resta infatti la scuola esistenziale originaria ed insostituibile dell’arte di vivere, dove la “cattedra” è sempre circolare e dove il “giudizio di merito” nasce dalla capacità di saper accogliere dentro di sé l’altro.

“Cercare Dio” è la grande tensione esistenziale che attraversa la storia dell’uomo di tutti i tempi; la famiglia nel desiderio naturale di “cercare Dio” ha un ruolo importante. Infatti, si cerca il Signore insieme e lo si può trovare veramente in una esperienza viva, vitale e condivisa.

In questi giorni della pandemia abbiamo ri-sperimentato la verità che la vita non è nelle nostre mani e che per affrontarla umanamente non sono sufficienti né risposte soltanto materiali né soluzioni puramente tecnico-scientifiche; se le soluzioni tecnico-scientifiche sono importanti e le risposte materiali sono necessarie, le risposte valoriali e di significato sono insostituibili. Attraverso i valori e il senso della vita si dà una risposta chiara e incoraggiante, che dice la forza dell’esserci, dello stare accanto, del “puoi contare su di me”, nonostante tutto e grazie a tutto.

Le risposte umane più vere sono quelle veicolate dall’ “esserci”, essere “accanto” all’altro e essere “per” l’altro. Qui rinveniamo il valore insostituibile della famiglia e anche della famiglia di Dio, che è la Chiesa. Abbiamo bisogno di “casa”, di “famiglia” e di “appartenenza”; se con uguale necessità sentiamo il bisogno di “viaggiare” è anche perché abbiamo fatto esperienza di casa e di famiglia. Nei giorni della pandemia la “Chiesa-famiglia di Dio” (la comunità parrocchiale), con i sui ritmi liturgici, educativi e caritativi si è dovuta fermare, ma ha trovato nella “Famiglia-chiesa domestica” (la famiglia naturale) nutrimento, luce, forza e sostanza.

  1. Nella Parola di Dio l’antidoto per vincere ogni paura

Nel Vangelo di Matteo, nel cuore del discorso della montagna, Gesù invita a cercare il Regno di Dio e la sua giustizia (cfr. Mt 6, 24-34), non solo come esigenza prioritaria del discepolo, ma anche in contrapposizione ad uno stile di vita radicato nell’ansia e nella preoccupazione.

Gesù, dunque, anche per noi, oggi, in questo tempo particolare, contrappone lo stile del discepolo all’atteggiamento mondano del preoccuparsi, che è sempre sterile e autodistruttivo, visto come causa di ansia e come modalità di una vita vissuta in prospettiva egoistica che porta a disperdere le energie positive del cuore umano. Infatti, lo stile del discepolo sa radicarsi in ogni circostanza, e quindi anche nel tempo della sconfitta e della perdita, nella fiducia in Dio e nell’impegno ad allargare i confini del Regno, attraverso uno stile di vita evangelico improntato al dialogo e al servizio e attraverso il “difficile amore” (la carità, la misericordia) che spesso è incompreso e frainteso.

Il tempo della pandemia, che ci auguriamo di poter lasciare definitivamente dietro le nostre spalle, tra gli effetti che ha prodotto in tanti di noi c’è proprio l’ansia e la preoccupazione, che spesso  – nelle persone più fragili  –  si trasformano anche in panico. Il panico, però, con l’inevitabile senso di impotenza che genera, è un atteggiamento sempre pericoloso e dannoso, in modo particolare per una famiglia e una comunità.

Il cristiano può trovare l’antidoto a questo atteggiamento negativo di paura nella Parola di Gesù che invita, in ogni circostanza, a “non preoccuparsi e affannarsi”, perché dobbiamo avere la sicurezza che Dio Padre “sa ciò di cui abbiamo bisogno” (cfr. Mt 6, 25). Gesù stesso, infatti, mentre invita a non preoccuparsi, esorta anche a cercare il Regno di Dio e la sua giustizia (cfr. Mt 6,33), nella consapevolezza che tutto ciò che è necessario per la vita di ogni giorno ci verrà dato da Dio, che è il Padre, in sovrabbondanza.

  1. Dare stabilità alla vita poggiandosi sulla roccia dei valori e di relazioni autentiche

Il tempo della pandemia nella sua spietatezza ci ha offerto anche una lezione di vita costringendoci a riconsiderare il nostro modo di vivere e a tematizzare meglio l’esperienza della fragilità e della precarietà dell’esistere, realtà che spesso forse rimuoviamo con troppa facilità. Infatti, se da una parte siamo indotti a guardare alla vita con maggiore realismo, dall’altra dobbiamo riconoscere che una vita che non si radica sui valori è una esperienza poggiata sulla sabbia (cfr. Mt 7, 24-27).

Per le evidenti esigenze sanitarie a tutti note, abbiamo dovuto rallentare e “distanziare” i rapporti sociali, bloccando quasi totalmente ogni relazione e frequentazione sociale e comunitaria; ma non dobbiamo però mai dimenticare che i valori umani, le relazioni interpersonali e la solidarietà non possono essere mai oscurati o annullati da nessuna prescrizione: nessun uomo è un isola e nessuno può vivere in modo isolato.

Il blocco sanitario, che ancora perdura. pur con qualche allentamento, ha toccato anche il nostro modo di esprimere la vita di fede soprattutto, nel rapporto con l’Eucaristia e con la comunità stessa. Ma un altro effetto negativo, e per certi versi ancora più drammatico degli altri, legato alle conseguenze delle misure restrittive, è stato lo scenario economico, che sta gravando negativamente soprattutto sulle famiglie, accentuando fortemente disagi e determinando situazioni di vera povertà (mutui, cassa integrazione, lavoro, malattia, vecchiaia,  ecc…).

  1. Essere famiglia per tutti

Ma il mio pensiero se va con gratitudine alle famiglie, non può non rivolgersi in questo momento anche a coloro che, purtroppo, per tante ragioni, non hanno la fortuna di avere una famiglia. A tutte queste persone che vivono la grande povertà relazionale, dove dall’altro non ricevono un immediato riscontro che ci sei e che sei importante, dico la mia personale vicinanza e quella della comunità cristiana, che si sforza di essere famiglia di tutti e per tutti, in modo particolare per chi è in situazioni di necessità materiale e spirituale.

La solitudine e la povertà sono due grandi mali che si legano tra loro e che noi dobbiamo e possiamo sconfiggere. La famiglia, nella visione cristiana, resta il luogo vero dove la solitudine e la povertà, anche se presenti,  possono sempre essere affrontate, superate e addirittura vinte. La società civile e la politica hanno il dovere di promuovere la famiglia sempre e ovunque, perché è il modo vincente per estirpare dalla persona umana il senso di fallimento strutturale (che si manifesta nella solitudine e nella povertà), e che è alla base, spesso, anche di ogni devianza.

  1. Dall’illusione di onnipotenza alla responsabilità e alla cura per l’altro

Prima della pandemia, l’illusione di onnipotenza umana su tutto e su tutti dominava indisturbata. La pandemia, invece, ha mostrato una crepa profonda in questa grande illusione, che portava a credere di avere comunque – rispetto a qualsiasi situazione –  il pieno controllo immediato. Questo delirio di onnipotenza portava anche a minimizzare quegli aspetti propriamente “umani” della vita che dicono limite, fragilità, bisogno, responsabilità, fino a rimuoverli e a negarli.

Il tempo della pandemia, però, relegandoci nelle abitazioni, con lo slogan “io resto a casa”, ci ha insegnato che le nostre famiglie, e in particolare i nostri figli, non hanno bisogno solo di cibi, vestiti, medicine, inserimento sociale; ma anche e soprattutto di verità e di significati che rendono la vita degna di essere vissuta, soprattutto in momenti critici come quelli che abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo.

Tutti, in questi giorni, abbiamo toccato con mano la fragilità e la precarietà della vita e che essa non dipende da noi. Abbiamo, però, anche mentalizzato meglio che il comportamento degli altri non è indifferente rispetto alla nostra situazione e che il cosiddetto bene comune non è un’idealità astratta: lo stile di vita corretto di ognuno è un aiuto importante per la tutela della salute di tutti!

Una certezza, però, dobbiamo rafforzare ed è la ragione per la quale vi ho scritto: le relazioni familiari sono sempre una ricchezza e comunque un dono. Lasciamo fuori dalle nostre famiglie le violenze, le incomprensioni, le falsità.  Facciamo, invece, sentire all’interno della famiglia la bellezza di un amore condiviso, forte, anche ferito, ma sempre sereno e mai sdolcinato. L’altro è sempre un mistero, contiene un segreto che va rispettato. La famiglia è lo spazio relazionale in cui si può accogliere anche l’incomprensione, la disarmonia, la differenza e la diversità. Nella famiglia dobbiamo poterci sentire amati e apprezzati, tutti, in modo particolare i bambini e i ragazzi, i malati e i disabili, perché possano sviluppare in se stessi la fiducia di fondo verso la realtà, la riconoscenza, la gratitudine e la gioia di essere immersi nell’amore del Padre celeste. La famiglia deve aiutare a passare dall’amore ricevuto all’amore donato, a sperimentare che è bello fare il bene, pregare, essere onesti, sinceri, giusti e generosi.

  1. Quattro parole per orientarsi nella vita: dalla gratitudine alla lode

Qualche giorno fa ho scritto ai giovani fidanzati in cammino verso il matrimonio. Ad essi, e anche alle famiglie già costituite, confermo la consapevolezza del valore che custodite e del ruolo specifico che avete accanto alla comunità ecclesiale in ordine all’educazione e alla crescita nella fede. Questo è un ruolo permanente,  ma emerge in modo particolare in questo tempo di emergenza sanitaria che ci ha portati a sospendere tutte le attività pastorali, dalla celebrazione delle Sante Messe agli incontri degli itinerari di catechesi per i vostri figli. Parlare di famiglia è considerare la vita nella sua dimensione più vera: genitori, figli, nonni, ammalati, disabili, lavoro, disoccupazione, impegni e programmi.

Il coronavirus con la sua subdola diffusione ha generato in tutti la fondata preoccupazione per la tutela della salute. Questo timore ci ha visti particolarmente protettivi per i bambini, gli anziani e gli ammalati, che essendo la parte più debole sono maggiormente a rischio, in quanto richiedono anche più attenzione e più cura.

  1. Famiglia “piccola chiesa”

Questa difficile situazione ha rappresentato anche l’opportunità, come dicevo, di riscoprire il valore della “famiglia” come “chiesa domestica”, dello stare insieme uniti nelle nostre case anche per vivere in maniera significativa e quotidiana alcuni ritmi della nostra fede, dove ogni genitore ha potuto sperimentare anche la bellezza di sentirsi il vero catechista nella/della propria famiglia.

La Chiesa e la società civile hanno comunque sperimentato in questa lunga quarantena il ruolo centrale e fattivo della famiglia e della casa: non solo come il luogo dove stare chiusi, ma soprattutto come l’ambito in cui si recuperano in maniera efficace energia e motivazioni e in cui rinvenire valori e sostegno per “abitare” tutte le relazioni sociali in modo propositivo.

L’altra grande consapevolezza  che è emersa a partire da questa pandemia rispetto soprattutto alle famiglie è l’educazione e l’educazione in famiglia. Abbiamo tutti compreso che su questo versante non si deve delegare ma creare alleanze. L’arte di educare che appartiene primariamente, anche se non in modo esclusivo alla famiglia, non può svolgersi in modo efficace senza la famiglia.

Da questo tempo di pandemia ricaviamo  senza vuote apologie un invito alle famiglie, ai genitori in particolare, a riscoprire l’arte di imparare ad educare vivendo ciò che si vuole insegnare. Questa arte diventa sempre più difficile in una società ricca di infinite risorse materiali, ma sempre più povera di verità e di ideali condivisi.

“Resto a casa”, slogan giustamente diffuso e praticato in questo tempo di emergenza sanitaria, dice anche la consapevolezza del valore umano e sociale della famiglia, dalla quale “non fuggo” e dalla quale “esco” per creare relazioni, dalla quale attingo energia esistenziale e dalla quale ho bisogno di uscire per sperimentare la bellezza di condividere valori e di confrontarmi con sempre nuovi stili di vita.

La famiglia, perciò, senza retorica, deve fondamentalmente, al di là di tutto, far sentire ai figli che essi sono amati e apprezzati, perché possano sviluppare in se stessi la fiducia di fondo verso la realtà, la riconoscenza, la gratitudine, la gioia di essere immersi nell’amore del Padre celeste.

Nella famiglia deve esserci certezza che la prima forma di educazione, è l’esempio di vita: i bambini sono recettivi; assimilano tutto ciò che l’ambiente offre; continuamente guardano, esplorano, toccano, fantasticano. Vogliono essere come i grandi, specialmente come i genitori. Se i genitori, e gli adulti, creano un clima di gioia serena, i ragazzi sono tranquilli e contenti. Se gli adulti sono instabili e ansiosi, sono inquieti e agitati. Se i genitori amano, imparano ad amare.

  1. La preghiera del Rosario insieme, come “famiglia di famiglie”

La fretta e a volte anche la frenesia con cui abitualmente ci colleghiamo alla vita quotidiana ci porta a trascurare la centralità della famiglia sia nelle sue risorse che nelle situazioni problematiche. In molte famiglie, in questi giorni, la convivenza imposta e prolungata ha anche condotto a far venire fuori problematiche che spesso si ignoravano. Proprio per questa ragione anche a voi famiglie affido quattro parole che Papa Francesco, in occasione della Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, ha affidato ai giovani come bussola per la loro vita: gratitudine, coraggio, fatica e lode.

Queste quattro parole sono i punti cardinali della bussola della vita e sono anche i quattro pilastri su cui costruire le nostre relazioni e le nostre giornate.

Nella preghiera per questo tempo di pandemia ho chiesto al Signore che ci faccia uscire migliorati: che questo tempo fosse fucina di vera fraternità e che l’angoscia fosse sciolta in una preghiera semplice e fiduciosa.

Focalizzarci su ciò che è essenziale genera novità e ci fa crescere nonostante tutto. Queste quattro parole ci aiutano ad avere un approccio più sano e più realistico alla vita. La gratitudine ad esempio ci porta a cogliere, pur tra tante situazioni difficili, il positivo che c’è, il bene che è presente, la ricchezza vera che non marcisce. Essere grati è non solo saper guardare con ottimismo la vita o vedere “il mezzo bicchiere pieno”, ma è essenzialmente essere convinti che nella nostra vita c’è il segno della benevolenza di Dio e della sua paternità. Dalla gratitudine nasce anche il coraggio con cui affrontare le sfide e le difficoltà che la vita a volte ci presenta. Il coraggio dice consapevolezza che la situazione può essere trasformata, può essere orientata ad un bene maggiore, ecc …

La fatica, in questa prospettiva, diventa la fedeltà vissuta nell’attimo presente, come perseveranza e tenacia. Senza fatica non si apprezza il valore delle cose e delle persone. Anche le relazioni, anche quelle familiari, vanno tessute con cura se vogliamo sperimentare la gioia dello stare insieme. La lode diventa il ritmo del cuore della persona grata che non si ritira di fronte alle sfide della vita e che non ha paura della fatica da impiegare.

“Resto a casa”, per favorire la sconfitta della pandemia, ma “resto a casa” per favorire la mia crescita umana e cristiana; “resto a casa” per credere sempre di più nel valore di relazioni autentiche, generose e gratuite; “resto a casa” per vivere la fede senza pudore e senza vergogna. “Resto a casa” per reimparare a farmi il segno di croce e a pregare con i miei cari. “Resto a casa” per riaprire con i miei cari il Vangelo e per tenere in mano la corona del santo Rosario.

A questo proposito voglio non solo ricordarvi il nostro camminare verso la Pentecoste, seguendo il percorso che sto suggerendovi tramite il profilo facebook  Palazzo Vescovile di Melfi compiendo sei passi con sei verbi (risorgere, camminare, cercare, ecc), ma desidero anche invitarvi in questo mese mariano ad unirvi come “famiglia di famiglie” per recitare insieme il santo rosario in famiglia e per le  famiglie, martedì sera, 12 maggio, alle ore 21,00.

Con questa mia lettera ho accolto con gioia la proposta che mi è stata fatta dall’Ufficio per la Pastorale Familiare. Immediatamente in essa ho visto una opportunità bella per vivere insieme a voi, care famiglie, un’occasione forte per rinsaldare il nostro cammino di fede, ricentrandoci sulla Madonna, regina della famiglia, che con l’esempio della sua vita ci stimola a giocarci sempre sulle quattro parole di Papa Francesco.

In attesa di poter riprendere insieme, sia pur gradualmente, il nostro ordinario cammino sociale ed ecclesiale, e soprattutto nella speranza di poter celebrare insieme i Sacramenti invoco su di tutti voi la Benedizione del Padre misericordioso, perché ci custodisca e ci protegga da ogni male.

Vi assicuro che ogni giorno nella Messa che celebro, prego per voi e continuo a consegnare tutte le Famiglie della nostra Diocesi all’intercessione potente del Signore e alla protezione materna della Vergine Maria.

Il Signore benedica le vostre famiglie e vi dia la gioia di essere scuola di fede e di autentica umanità!

+ Ciro Fanelli
Vescovo

 

#chiciseparera

 

GERMOGLIO E’ IL TUO NOME (cover)

Coro SS Annunziata Rionero in Vulture (feat. Isernia Gospel Choir) clicca per il video Cover del canto «Germoglio è il tuo nome», di A. Leva – M. Manzullo, contenuto nella raccolta «Germoglio è il Suo nome» (2009) eseguita dal Coro SS. Annunziata in Rionero in Vulture (PZ) e con la partecipazione di Isernia Gospel Choir. Direttori: Gianni Marino (SS Annunziata) e Federica Leva (IGC). Preghiera … Continua a leggere GERMOGLIO E’ IL TUO NOME (cover) »

IL VESCOVO FANELLI SCRIVE AI FIDANZATI

NEL TEMPO DELLA PANDEMIA

CIRO FANELLI

VESCOVO DI MELFI–RAPOLLA-VENOSA
 

MESSAGGIO AI GIOVANI FIDANZATI
IN CAMMINO VERSO IL MATRIMONIO
NEL TEMPO DELLA PANDEMIA

 

Carissimi giovani fidanzati,

Vi raggiungo all’inizio della “Fase 2” dell’emergenza sanitaria perché, pur tra le difficoltà notevoli che vi ha creato la pandemia bloccando progetti e relazioni, desidero dirvi la mia personale vicinanza e quella della nostra chiesa locale. La speranza è che questo difficile periodo con tutte le sue restrizioni possa terminare subito e bene. La pandemia, per voi che avevate già programmato la data delle nozze, è stata un freno inatteso, che vi ha costretto a rimandarla con tante conseguenze, non sempre piacevoli, ma che ora bisogna con entusiasmo e fiducia superare per “riprendere” il sogno grande della vostra vita.

Prima che esplodesse la pandemia abbiamo avuto la gioia di incontrarci a Melfi, domenica 1° marzo, nel salone degli stemmi del palazzo vescovile, in un incontro con il prof. Michele Illiceto e con l’équipe diocesana della pastorale familiare. E’ stato un momento di festa e di arricchimento reciproco, che doveva segnare il vostro cammino verso il matrimonio, verso quel giorno del  “si” definitivo, che “significa dire all’altro che potrà sempre fidarsi, che non sarà abbandonato se perderà attrattiva, se avrà difficoltà o se si offriranno nuove possibilità di piacere o di interessi egoistici”.

Il tempo è sempre prezioso, soprattutto quello che separa dal raggiungimento di mete importanti è sempre prezioso, anche quando viene bruscamente bloccato, come è accaduto per questa grave emergenza sanitaria; anzi, diventa più prezioso e significativo. Il vostro cammino verso il matrimonio, se da una parte si è rallentato, dall’altra ha sicuramente rafforzato le motivazioni della vostra decisione di vita. Anche per questa ragione voglio raggiungervi con questo mio messaggio.

E’ per l’intera comunità un motivo di speranza, soprattutto nell’ora presente, sapere che ci sono giovani che come voi sono in cammino per costruire una famiglia. A voi vorrei rimandare quattro parole che Papa Francesco ha sottolineato in occasione della Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, che si è celebrata domenica scorsa, 3 maggio 2020. Le quattro parole sono: gratitudine, coraggio, fatica, lode. Insieme possono costituire i quattro punti cardinali per aiutarvi ad orientarvi in questo momento e in tutte le scelte future della vita.

Grazie all’innamoramento vi siete incontrati e vi siete scelti; con il desiderio di pensare al  matrimonio e di costruire una famiglia vi siete rivolti alla comunità cristiana, alla vostra parrocchia. Con questo desiderio nel cuore, avete chiesto alla Chiesa di accompagnarvi nella fase ultima del vostro percorso verso il matrimonio e di aiutarvi a capire e a vivere il “mistero grande” che il vostro amore racchiude nel disegno di Dio. Proprio per questa ragione, la vostra vita deve essere colma di gratitudine: essa è il sigillo più bello che da significato e valore a chi si sente amato e perciò chiamato. E’ l’esperienza del vostro incontro e dell’innamoramento. Chiamati, amati e grati l’uno all’altro e al Dio della vita e dell’amore.

Oggi, più che mai, la scelta di costruire una famiglia richiede coraggio. Il coraggio di impegnarsi per affermare il valore dell’amore, del lavoro, della vita. Senza coraggio non si va da nessuna parte. Il coraggio aiuta a difendere e proteggere le cose belle ed importanti. Il coraggio richiama la fatica che insieme evoca sia la tenacia e sia la perseveranza. Nel coraggio troviamo la fiducia che fa guardare in prospettiva e il valore che dà significato ad ogni singolo passo e ad ogni sacrificio. Ma lo sguardo cristiano all’esistenza e alle scelte di vita non può fermarsi al coraggio, né tanto meno alla fatica, esso è sempre proteso alla lode. Non c’è esperienza di vita che possa dirsi autenticamente cristiana che non porti alla lode, alla festa e alla gioia.

La vostra scelta di camminare verso il matrimonio cristiano è per la lode. Voi siete, con la freschezza della vostra età e del vostro giovane amore, segno di questa lode che non deve mai spegnersi nel cuore di una comunità e di una famiglia. Le vostre vite da fidanzati, in cammino verso il matrimonio, riempiono sempre di gioia e arricchiscono anche gli altri nella nostra umanità e nella nostra fede. E’ bello sapere che l’amore continua ad affascinare, oggi come ieri,  e che la vita, nonostante i momenti difficili e dolorosi, come quello che stiamo attraversando, sia garantita da questo slancio del cuore che è qualcosa di più grande di un sentimento.

Nella mia vita di parroco e ora di Vescovo ho incontrato tanti giovani fidanzati come voi; ho avuto anche la gioia di benedire le nozze di numerose coppie, che oggi sono il segno vivente della gratitudine, del coraggio, della fatica e della lode di una vita vissuta insieme per amore e nell’amore!

Lo splendore dell’amore diventa ancora più bello quando si trasforma in segno e testimonianza per le altre coppie e per la comunità. Questa è la missione che si radica nel sacramento del matrimonio al quale vi preparate! Voglio concludere questo mio messaggio invitandovi a continuare ad essere grati, guardate in avanti con coraggio, non spaventatevi della fatica dovuta anche al dover rimodulare tutto a partire da questa pandemia, perché il Signore Risorto è il garante che la lode in voi non si spegnerà mai, perché Egli è venuto perché avessimo la vita in pienezza (cfr. Gv 10,10).

Il Signore vi protegga e vi accompagni in questo tempo di fidanzamento, perché sia sempre più un’occasione per crescere nella consapevolezza che, come ricorda Papa Francesco nell’Amoris laetitia “dopo l’amore che ci unisce a Dio, l’amore coniugale è la ‘più grande amicizia’”.

La strada maestra della vita è l’amore, che ogni giorno è invito al dono di sé perché l’altro sia nella gioia. Oggi, come fidanzati, guardate da due punti prospettici all’unica meta, il vostro matrimonio, invece, dal giorno delle vostre nozze guarderete da un unico punto prospettico, che è l’amore reciproco, allo splendore della vita. Auguri di ogni bene.

Melfi, 6 maggio 2020

Con affetto, il vostro Vescovo
+ Ciro Fanelli

 

#chiciseparera

DISPOSIZIONI PER LA CELEBRAZIONE DELLE ESEQUIE

NELLA "FASE 2" DELL'EMERGENZA SANITARIA

CIRO FANELLI

                                                                                          VESCOVO DI MELFI–RAPOLLA-VENOSA

Prot. N. 10/2020/VE

 
DISPOSIZIONI
PER LA CELEBRAZIONE DELLE ESEQUIE
NELLA “FASE 2” DELL’EMERGENZA SANITARIA
PER CONTENERE LA PANDEMIA DA COVID-19

 
Carissimi,

l’esperienza che abbiamo fatto nella fase acuta dell’emergenza sanitaria, causata dalla diffusione della pandemia da Covid-19, ha sconvolto non poco le nostre abitudini personali e sociali e, di conseguenza, anche quelle ecclesiali. Sicuramente questa difficile situazione è stata anche una scuola di vita dalla quale potremo imparare molto. Questa lezione di vita ci aiuti anche a recuperare le ragioni profonde del nostro convivere sociale ed ecclesiale. Il contrasto alla pandemia ci chiede di mettere in atto ancora particolari misure di sicurezza. Pur consapevoli dei grandi beni (diritti e valori) che sono in gioco, dobbiamo, senza polemiche e con spirito di responsabilità, far prevalere – quale criterio prevalente – il bene della salute pubblica, che non annulla o vanifica gli altri diritti e valori coinvolti.

Il Papa di recente ci ha ricordato che in questo nuovo tempo di lotta alla pandemia, nel quale si incomincia ad avere disposizioni per uscire dalla quarantena, “dobbiamo pregare il Signore perché dia al suo popolo, a tutti noi, la grazia della prudenza e della obbedienza alle disposizioni, perché la pandemia non torni”. L’attuale situazione, che resta pesante ed onerosa per tutti, impone che con grande umiltà e vera responsabilità continuiamo ad agire facendo per il bene della salute pubblica, rinunciando a qualche diritto e rendendoci ancora disponibili a qualche sacrificio. E’ evidente che molte domande restano ancora aperte circa il “quando” e il “come” della ripresa anche graduale della vita liturgica e circa le misure sanitarie da adottare; restiamo fiduciosi e pazientiamo.

Poiché in questa fase, in particolare in ordine alla celebrazione delle esequie, la responsabilità di applicare le disposizioni governative per contenere il contagio è del singolo Parroco,

  • Visto il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 26 aprile del 2020;
  • Considerate le rispettive Note del Ministero dell’Interno del 30 aprile 2020 e della CEI, complementare al summenzionato testo del Ministero dell’Interno, circa le modalità della ripresa in questa “fase 2” e in particolare per la celebrazione delle esequie;
  • Considerato il gravame delle responsabilità ricadenti sul Parroco in questa fase dell’emergenza sanitaria per la celebrazione delle esequie, con o senza messa;
  • Preso atto che l’art. 1, comma 1, lett. i) del suddetto Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministeri relativamente alle esequie parla di “funzione da svolgersi preferibilmente all’aperto”;

Volendo offrire a tutte le Parrocchie della Diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa, per questo momento iniziale della “Fase 2”, indicazioni unitarie che facilitino il rispetto delle misure vigenti in ordine alla celebrazione delle esequie,

D I S P O N G O

che, in tutto il territorio diocesano – in questo momento iniziale della “Fase 2” – salvo ulteriori disposizioni da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri e nuovi orientamenti da parte della CEI,

LE ESEQUIE SI CELEBRINO SENZA MESSA ALL’APERTO NELL’AREA CIMITERIALE,

SECONDO QUANTO PREVISTO DALLE NORME LITURGICHE

La scelta temporanea del luogo all’aperto rende dal punto sanitario molto più gestibile la celebrazione rispetto al luogo chiuso delle aule liturgiche delle chiese. Si abbia, comunque, la massima cura che la celebrazione si svolga in un tempo contenuto e che si osservino scrupolosamente, anche per i luoghi all’aperto, le misure sanitarie prescritte dalle disposizioni governative (distanziamento fisico, numero dei partecipanti non superiore a 15 persone, mascherine, temperatura corporea, ecc …) e recepite dalla summenzionata Nota del Segretario Generale della CEI, evitando in ogni modo assembramenti e il contatto fisico. Il tutto venga svolto d’intesa con i Sindaci e con le autorità cimiteriali.

Valorizziamo questo momento; esprimiamo tutta la vicinanza visibile e cordiale alle famiglie in condizione di lutto. Non si dia la sensazione che non essendoci la celebrazione della messa non c’è nulla. Viviamo anche questa fase, come si è fatto lodevolmente fino ad oggi, con prudenza e generando comunque nella gente serenità e fiducia, pur nel rispetto delle giuste regole.

Con altrettanto senso di responsabilità dobbiamo però prepararci ed attrezzarci a vivere anche gli stadi successivi di questa “Fase 2” in vista della ripresa graduale della vita liturgica: non dobbiamo, infatti, farci trovare impreparati ed agire in ordine sparso.

La nostra gente, la nostra specifica missione e il bene della salute pubblica devono trovare in noi dei facilitatori. Questa “Fase 2” è indubbiamente un tempo ancora molto delicato e che, per certi versi, può diventare anche pericoloso facendo risalire la curva dei contagi.

In ordine all’obbligo della sanificazione degli ambienti, mentre restiamo in attesa di ulteriori precisazioni sia da parte del governo che della CEI, dobbiamo comunque mentalizzarne la necessità. Nel frattempo si informino i fedeli e chiunque entri in chiesa, anche con appositi cartelli informativi, sulle disposizioni di sicurezza previste.

Confidando nell’impegno di tutti e di ciascuno, in attesa di ulteriori adattamenti e comunicazioni, vi saluto fraternamente in Cristo.

Melfi, 1° maggio 2020.

+ Ciro Fanelli
Vescovo

 

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