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COMUNICATO PER QUESTIONE PP. TRINITARI – VENOSA

Curia Vescovile Melfi

LA DIOCESI DI MELFI-RAPOLLA-VENOSA, LETTO L ARTICOLO PUBBLICATO NELLA CRONACA GIUDIZIARIA DAL QUOTIDIANO DEL SUD DELL’ 11/10 ULTIMO SCORSO, RELATIVO ALL’ARCHIVIAZIONE DEL PROCEDIMENTO CONTRO I NOVE IMPUTATI DELL’ISTITUTO PADRI TRINITARI DI VENOSA, ESPRIME AI MEDESIMI PP. TRINITARI, AL PERSONALE INQUISITO, ALLE LORO FAMIGLIE E ALLA COMUNITA’ VENOSINA IL PLAUSO PER LA FELICE DECISIONE EMANATA DAL TRIBUNALE DI POTENZA CHE PONE FINE AL COINVOLGIMENTO LORO ASCRITTO.

NELLA SENTENZA DELLA MAGISTRATURA, DI IMMINENTE PUBBLICAZIONE, SI CONONOSCERANNO LE RAGIONI GIURIDICHE CHE HANNO FONDATO IL PROVVEDIMENTO ADOTTATO E CHE ESCLUDE DA OGNI RESPONSABILITA’ CIVILE O PENALE LE FIGURE INTERESSATE.

RIAPERTURA AL CULTO DELLE CHIESE SS. MA ANNUNAZIATA E DEL CARMINE IN LAVELLO

COMUNICATO - 12 ottobre 2024

Nel corso della Visita Pastorale che interessa le Comunità parrocchiali di Lavello, il Vescovo di Melfi-Rapolla-Venosa, S.E. Mons. Ciro Fanelli, con nobile e sobrio rito liturgico, in mattinata, ha riaperto al culto le antiche chiese della SS. ma Annunziata e quella del Carmine poste entrambe nel cuore del centro storico di Lavello, dopo un apprezzato restauro finanziato dalla Regione Basilicata, attesa la somma urgenza invocata dalla Diocesi per la tutela e conservazione dei sacri edifici, ricadenti sotto la giurisdizione canonica della Parrocchia S. Mauro.
Con questo evento il Vescovo ha voluto sottolineare l’importanza spirituale, ecclesiale e culturale degli edifici sacri restaurati, preludio e segno di rinnovamento dei fedeli cristiani i quali, secondo le parole petrine, costituiscono le pietre vive che fondano il vero tempio in cui rendere culto a Dio.
Dopo il rito iniziale svolto nella Chiesa Madre, il Vescovo, accompagnato dai fedeli presenti, si è portato presso la Chiesa dell’Annunziata aspergendola ed aprendone le porte; successivamente è stata aperta e benedetta la Chiesa del Carmine. La preghiera e i canti hanno accompagnato le aperture al culto. Infine, una esortazione del Vescovo ha concluso il rito.
Al lieto evento erano presenti oltre il parroco, i membri della Curia, gli Uffici diocesani preposti, la Comunità parrocchiale ed altri esponenti della vita culturale e civile di Lavello. Nel corso della manifestazione il Vescovo ha ringraziato e lodato le istituzioni pubbliche e quanti sono stati a vario titolo attori del restauro per il loro prezioso contributo.

La parola N. 5 settembre 2024

La parola... con le nostre parole

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L’editoriale

La Chiesa e il mondo

Essere cristiani nel mondo che ci circonda

Cari lettori, questo numero del nostro giornale diocesano è dedicato ad un tema ampio ma estremamente attuale: la Chiesa e il mondo. O meglio, la Chiesa nel mondo. Come il nostro essere cristiani si interseca con il mondo che ci circonda? Quanto il nostro essere cristiani riesce ad essere presente, ad incidere nelle scelte quotidiane? Viviamo un tempo veloce, anzi istantaneo. Un tempo cadenzato e vissuto attraverso lo smartphone. Un tempo in cui le notizie di un attimo fa diventano vecchie nel giro di minuti. E il nostro giornale diocesano, con la sua uscita trimestrale, è già di per sé una sfida che ci invita a fermarci un momento per metterci all’ascolto, accogliendo l’insegnamento del nostro Vescovo che ci esorta ad essere “luce del mondo”.

Settembre poi è un po’ il mese della ripartenza, del cambiamento. Potremmo quasi definirlo come un secondo inizio dell’anno: si torna dalle ferie, si riprende con il lavoro, si fanno progetti e riapre la scuola. E proprio alla scuola e al nuovo inizio, sono dedicate alcune pagine del giornale con il messaggio di saluto e vicinanza del nostro Vescovo e l’indagine su “Cosa ti aspetti dal prossimo anno scolastico” della nostra direttrice editoriale Piera Di Lorenzo, da leggere tutto d’un fiato.

Teresa Sperduto poi, ci porterà tre le stanze del Servizio di Informazione Religiosa raccontandoci del suo stage a Roma, e conosceremo le attività svolte del percorso Frassati che ci invita a “Vivere e non vivacchiare”. E ancora spazio alla visita pastorale giunta nella zona pastorale di Melfi e spazio al convegno diocesano che ci ha donato l’eucarestia come luogo di santità ospitale.

Questo numero è inoltre arricchito di due testimonianze d’eccezione, quella di don Vincenzo Vigilante e della sua esperienza missionaria Uruguay e quella dei Gen Rosso che attraverso la musica e i testi esprimono e raccontano la Chiesa nel mondo.

Lucia Nardiello

Direttore Responsabile

Laparola N.5

MESSAGGIO DEL VESCOVO PER IL NUOVO ANNO SCOLASTICO 2024-2025

NON DIVENTATE IL VOSTRO TEMPO, MA AGITE PER IL VOSTRO TEMPO

 

CIRO FANELLI

VESCOVO DI MELFI – RAPOLLA – VENOSA

MESSAGGIO
PER IL NUOVO ANNO SCOLASTICO 2024-2025

“NON DIVENTATE IL VOSTRO TEMPO,
MA AGITE PER IL VOSTRO TEMPO”

 

Carissimi Amici,

nel momento in cui si avvia il nuovo anno scolastico 2024-2025, desidero farvi giungere, con gratitudine e affetto, il mio saluto, per manifestarvi la cordiale vicinanza della comunità ecclesiale. Prossimità, che ho avuto modo di condividere personalmente già con diverse scuole durante la Visita Pastorale in corso.

Il mio augurio è rivolto a tutte e singole le componenti della scuola: dalle famiglie ai dirigenti scolastici; dai docenti al personale non docente. Ma, in questa circostanza, è mio vivo desiderio raggiungere in modo particolare voi carissimi studenti, ragazze e ragazzi, per augurarvi un nuovo anno ricco e fruttuoso.

A voi, carissimi studenti, dico, con sincerità, che siete la vera ricchezza non solo per le vostre famiglie, ma per l’intera comunità. Voi ragazzi, infatti, potete aiutare molto la nostra società a riscoprire oggi i valori fondamentali sui quali crescere come persone libere e responsabili, quali l’amicizia e la fratellanza, così da poter costruire un mondo più umano e giusto.

La scuola ha tutti gli strumenti per accompagnarvi nel raggiungere questi obiettivi; essa è una grande e valida “palestra” di vita. Tra i compiti primari della scuola, oltre a trasmettere conoscenze e sviluppare competenze, vi è quello di educare a mettere la persona al centro, accogliendola nella sua unicità e dignità, al di là di ogni diffidenza.

Oggi abbiamo bisogno di “giovani nuovi”, che sanno condurre la società a credere di più nella cultura della reciprocità e dell’incontro; giovani che sanno risolvere i conflitti attraverso il dialogo e il rispetto reciproco. Questo è lo stile di vita che genera la pace, che è la condizione imprescindibile per favorire la crescita di una società coesa e solidale.

Noi adulti guardiamo a voi, carissimi ragazzi e giovani, con stima e fiducia, perché siamo convinti che la vostra capacità di avere visioni aperte e inclusive può dare al nostro mondo un presente vivibile e un futuro di speranza. Senza giovani, infatti, non c’è futuro. Nella vita per realizzarsi occorre sicuramente scoprire le proprie capacità ed attitudini personali, ma nella consapevolezza, però, che i veri talenti siete voi, con i vostri volti, le vostre storie personali, le vostre aspirazioni e i vostri desideri.

Per concludere, dico a voi ragazze e ragazzi: non diventate il vostro tempo, ma “agite per il vostro tempo” (F. Rossi de Gasperis). La cosa bella, che è propria della vostra giovane età, è l’esperienza che la felicità, la gioia di vivere, l’amore non solo sono dentro di voi, ma siete voi stessi. Non fatevi, pertanto, rubare la gioia di vivere e la speranza di costruire un mondo migliore. Non cercate altrove la felicità: essa è dentro di voi. Quando troverete questi “tesori”, scoprirete immediatamente che la vita è bella e che sarà radiosa ed intensa nella misura in cui la orientate secondo la logica del dono di sé e della responsabilità.

Pertanto, carissimi ragazzi, aiutati dai vostri genitori e dai vostri docenti, prendete in mano la vostra giovane vita, affinché possiate costruire grandi cose e raggiungere la piena realizzazione di voi stessi. Abitate la vostra giovinezza con coraggio e creatività. Coltivate sogni grandi per il vostro futuro!

La scuola, con i suoi ritmi, con la disciplina dello studio e con le proposte formative, vi aiuterà a mettervi alla ricerca della strada giusta per la vostra vita.

Nell’augurarvi ogni bene per il nuovo anno scolastico, vi saluto tutti con amicizia.

Melfi, 3 settembre 2024

+ Ciro Fanelli

Vescovo

 


FAMIGLIE IN GITA CON IL VESCOVO A MATERA

Domenica 8 settembre 2024

FAMIGLIE IN GITA CON IL VESCOVO A MATERA

Domenica 8 settembre 2024.

Il programma prevede: in mattinata attività ricreative per famiglie e celebrazione eucaristica presso la parrocchia Maria Madre della Chiesa; nel pomeriggio (a partire dalle ore 16.00) 2 guide turistiche ci accompagneranno in un tour di circa 2 h e 30 min che prevede la passeggiata lungo la Dorsale Barocca Settecentesca e nel Sasso Caveoso, le visite presso la Casa Grotta del Vicinato, la Chiesa Rupestre di S. Lucia alle Malve, il Complesso Rupestre del Monterrone con le rispettive Chiese Rupestri di Madonna de Idris e San Giovanni in Monterrone, la Piazza San Pietro Caveoso con affaccio panoramico al Parco della Murgia Materana e la passeggiata nel Centro Storico.
ISCRIZIONI ENTRO IL 20 AGOSTO
MAX 100 ISCRIZIONI

Canzoni ed Esperienze con i GEN ROSSO a Lavello

Martedì 3 settembre 2024 ore 21 - Chiesa Madre “San Mauro Martire” Lavello

Canzoni ed Esperienze con i GEN ROSSO a Lavello

In occasione dei festeggiamenti in onore di Maria SS. del Principio, martedì 3 settembre 2024, alle ore 21, la chiesa madre di “San Mauro Martire” a Lavello (PZ) ospiterà il concerto acustico del gruppo internazionale “Gen Rosso”, noto per la sua vocazione di pace e fraternità. L’ingresso è gratuito.
Sarà l’occasione per assistere ad una performance artistica di energia positiva che parlerà al cuore di ognuno di pace, condivisione ed unità. Nato nel 1966 da un’ispirazione di Chiara Lubich (Premio UNESCO per la pace), durante la sua attività il Gen Rosso ha realizzato più di 1500 concerti e spettacoli, oltre 250 tour in 53 nazioni, 62 album (nelle varie versioni) per un totale di 400 canzoni raggiungendo più di 4 milioni di spettatori, insieme a manifestazioni, raduni e workshop in tutto il mondo.
Il “Gen Rosso” non è solo un gruppo musicale, ma un catalizzatore di cambiamento sociale. Attraverso i suoi workshop e corsi educativi, il gruppo si impegna a affrontare temi cruciali come la bassa autostima, il bullismo e le dipendenze, offrendo agli spettatori più giovani strumenti concreti per la crescita personale e sociale.
L’evento organizzato dalla Parrocchia San Mauro con il comitato feste patronali “San Mauro Lavello” sarà patrocinato dalla Diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa e dal Comune di Lavello.
Confidiamo nella vostra partecipazione: il mondo di oggi ha davvero tanto bisogno di speranza, armonia e serenità!

 

Gen Rosso a LavelloChiesa Madre San Mauro

Settembre in formazione

Incontri di settembre per tutti gli Operatori della Catechesi

Incontri di settembre per tutti gli Operatori della Catechesi

 

La proposta formativa dell’UCD si articola con un incontro a settembre e uno ad ottobre – entrambi rivolti a tutti gli operatori della catechesi, seguirà nel corso dell’anno la condivisione di materiali e di esperienze e la disponibilità ad essere di supporto alle Comunità, nel corso dell’anno pastorale 2024 -2025, anche nell’accompagnare eventualmente gruppi e/o attività privilegiando i catechisti per il Battesimo e per gli adulti.

Tutto con l’unico obiettivo di raggiungere tutti per garantire una formazione comune e non moltiplicare il numero degli incontri, privilegiando gli incontri per Zona Pastorale. Ad ogni operatore chiediamo semplicemente la disponibilità a partecipare per l’intera durata dell’incontro; entrambi saranno a più voci e interattivi in modo che siano utili sia dal punto di vista informativo ma, soprattutto pratico.

Seguono le locandine dei cinque incontri di settembre 2024, a presto.

L’ Équipe dell’UCD

GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LA CURA DEL CREATO

MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ PAPA FRANCESCO - Spera e agisci con il creato

 

La Santa Sede

MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ

PAPA FRANCESCO
PER LA GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LA CURA DEL CREATO

1° settembre 2024

Spera e agisci con il creato

Cari fratelli e sorelle!
“Spera e agisci con il creato”: è il tema della Giornata di preghiera per la cura del creato, il
prossimo 1° settembre. È riferito alla Lettera di San Paolo ai Romani 8,19-25: l’Apostolo sta
chiarendo cosa significhi vivere secondo lo Spirito e si concentra sulla speranza certa della
salvezza per mezzo della fede, che è vita nuova in Cristo.
1. Partiamo allora da una domanda semplice, ma che potrebbe non avere una risposta ovvia:
quando siamo davvero credenti, com’è che abbiamo fede? Non è tanto perché “noi crediamo” in
qualcosa di trascendente che la nostra ragione non riesce a capire, il mistero irraggiungibile di un
Dio distante e lontano, invisibile e innominabile. Piuttosto, direbbe San Paolo, è perché in noi abita
lo Spirito Santo. Sì, siamo credenti perché l’Amore stesso di Dio è stato «riversato nei nostri
cuori» ( Rm 5,5). Perciò lo Spirito è ora, realmente, «la caparra della nostra eredità» ( Ef 1,14),
come pro-vocazione a vivere sempre protesi verso i beni eterni, secondo la pienezza dell’umanità
bella e buona di Gesù. Lo Spirito rende i credenti creativi, pro-attivi nella carità. Li immette in un
grande cammino di libertà spirituale, non esente tuttavia dalla lotta tra la logica del mondo e la
logica dello Spirito, che hanno frutti tra loro contrapposti ( Gal 5,16-17). Lo sappiamo, il primo
frutto dello Spirito, compendio di tutti gli altri , è l’amore. Condotti, dunque, dallo Spirito Santo, i
credenti sono figli di Dio e possono rivolgersi a Lui chiamandolo «Abbà, Padre» ( Rm 8,15),
proprio come Gesù, nella libertà di chi non ricade più nella paura della morte, perché Gesù è
risorto dai morti. Ecco la grande speranza: l’amore di Dio ha vinto, vince sempre e ancora vincerà.
Il destino di gloria è già sicuro, nonostante la prospettiva della morte fisica, per l’uomo nuovo che
vive nello Spirito. Questa speranza non delude, come ricorda anche la Bolla di indizione del
prossimo Giubileo.
2. L’esistenza del cristiano è vita di fede, operosa nella carità e traboccante di speranza,
nell’attesa del ritorno del Signore nella sua gloria. Non fa problema il “ritardo” della parusia, della
sua seconda venuta. La questione è un’altra: «il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede
sulla terra?» (Lc 18,8). Sì, la fede è dono, frutto della presenza dello Spirito in noi, ma è anche
compito, da eseguire in libertà, nell’obbedienza al comandamento dell’amore di Gesù. Ecco la
beata speranza da testimoniare: dove? quando? come? Dentro i drammi della carne umana
sofferente. Se pur si sogna, ora si deve sognare a occhi aperti, animati da visioni di amore, di
fratellanza, di amicizia e di giustizia per tutti. La salvezza cristiana entra nello spessore del dolore
del mondo, che non coglie solo gli umani, ma l’intero universo, la stessa natura, oikos dell’uomo,
suo ambiente vitale; coglie la creazione come “paradiso terrestre”, la madre terra, che dovrebbe
essere luogo di gioia e promessa di felicità per tutti. L’ottimismo cristiano si fonda su una speranza
viva: sa che tutto tende alla gloria di Dio, alla consumazione finale nella sua pace, alla risurrezione
corporea nella giustizia, “di gloria in gloria”. Nel tempo che passa, però, condividiamo dolore e
sofferenza: la creazione intera geme (cfr Rm 8,19-22), i cristiani gemono (cfr vv. 23-25) e geme lo
Spirito stesso (cfr vv. 26-27). Il gemere manifesta inquietudine e sofferenza, insieme ad anelito e
desiderio. Il gemito esprime fiducia in Dio e affidamento alla sua compagnia affettuosa ed
esigente, in vista della realizzazione del suo disegno, che è gioia, amore e pace nello Spirito
Santo.
3. Tutta la creazione è coinvolta in questo processo di una nuova nascita e, gemendo, attende la
liberazione: si tratta di una crescita nascosta che matura, quasi “granello di senape che diventa
albero grande” o “lievito nella pasta” (cfr Mt 13,31-33). Gli inizi sono minuscoli, ma i risultati attesi
possono essere di una bellezza infinita. In quanto attesa di una nascita – la rivelazione dei figli di
Dio – la speranza è la possibilità di rimanere saldi in mezzo alle avversità, di non scoraggiarsi nel
tempo delle tribolazioni o davanti alla barbarie umana. La speranza cristiana non delude, ma
anche non illude: se il gemito della creazione, dei cristiani e dello Spirito è anticipazione e attesa
della salvezza già in azione, ora siamo immersi in tante sofferenze che San Paolo descrive come
“tribolazione, angoscia, persecuzione, fame, nudità, pericolo, spada” (cfr Rm 8,35). Allora la
speranza è una lettura alternativa della storia e delle vicende umane: non illusoria, ma realista, del
realismo della fede che vede l’invisibile. Questa speranza è l’attesa paziente, come il non-vedere
di Abramo. Mi piace ricordare quel grande visionario credente che fu Gioacchino da Fiore, l’abate
calabrese “di spirito profetico dotato”, secondo Dante Alighieri [2]: in un tempo di lotte sanguinose,
di conflitti tra Papato e Impero, di Crociate, di eresie e di mondanizzazione della Chiesa, seppe
indicare l’ideale di un nuovo spirito di convivenza tra gli uomini, improntata alla fraternità
universale e alla pace cristiana, frutto di Vangelo vissuto. Questo spirito di amicizia sociale e di
fratellanza universale ho proposto in Fratelli tutti. E questa armonia tra umani deve estendersi
anche al creato, in un “antropocentrismo situato” (cfr Laudate Deum, 67), nella responsabilità per
un’ecologia umana e integrale, via di salvezza della nostra casa comune e di noi che vi abitiamo.
4. Perché tanto male nel mondo? Perché tanta ingiustizia, tante guerre fratricide che fanno morire
i bambini, distruggono le città, inquinano l’ambiente vitale dell’uomo, la madre terra, violentata e
devastata? Riferendosi implicitamente al peccato di Adamo, San Paolo afferma: «Sappiamo infatti
che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi» (Rm 8,22). La lotta
morale dei cristiani è connessa al “gemito” della creazione, perché essa «è stata sottoposta alla
caducità» (v. 20). Tutto il cosmo ed ogni creatura gemono e anelano “impazientemente”, perché
possa essere superata la condizione presente e ristabilita quella originaria: infatti la liberazione
dell’uomo comporta anche quella di tutte le altre creature che, solidali con la condizione umana,
sono state poste sotto il giogo della schiavitù. Come l’umanità, il creato – senza sua colpa – è
schiavo, e si ritrova incapace di fare ciò per cui è progettato, cioè di avere un significato e uno
scopo duraturi; è soggetto alla dissoluzione e alla morte, aggravate dagli abusi umani sulla natura.
Ma, in senso contrario, la salvezza dell’uomo in Cristo è sicura speranza anche per il creato: infatti
«anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà
della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,21). Sicché, nella redenzione di Cristo è possibile contemplare in
speranza il legame di solidarietà tra gli esseri uomini e tutte le altre creature.
5. Nell’attesa speranzosa e perseverante del ritorno glorioso di Gesù, lo Spirito Santo tiene vigile
la comunità credente e la istruisce continuamente, la chiama a conversione negli stili di vita, per
resistere al degrado umano dell’ambiente e manifestare quella critica sociale che è anzitutto
testimonianza della possibilità di cambiare. Questa conversione consiste nel passare
dall’arroganza di chi vuole dominare sugli altri e sulla natura – ridotta a oggetto da manipolare –,
all’umiltà di chi si prende cura degli altri e del creato. «Un essere umano che pretende di sostituirsi
a Dio diventa il peggior pericolo per sé stesso» (Laudate Deum, 73), perché il peccato di Adamo
ha distrutto le relazioni fondamentali di cui l’uomo vive: quella con Dio, con sé stesso e gli altri
esseri umani e quella con il cosmo. Tutte queste relazioni devono essere, sinergicamente,
ristabilite, salvate, “rese giuste”. Nessuna può mancare. Se ne manca una, tutto fallisce.
6. Sperare e agire con il creato significa anzitutto unire le forze e, camminando insieme a tutti gli
uomini e le donne di buona volontà, contribuire a «ripensare alla questione del potere umano, al
suo significato e ai suoi limiti.Il nostro potere, infatti, è aumentato freneticamente in pochi decenni.
Abbiamo compiuto progressi tecnologici impressionanti e sorprendenti, e non ci rendiamo conto
che allo stesso tempo siamo diventati altamente pericolosi, capaci di mettere a repentaglio la vita
di molti esseri e la nostra stessa sopravvivenza» (Laudate Deum, 28). Un potere incontrollato
genera mostri e si ritorce contro noi stessi. Perciò oggi è urgente porre limiti etici allo sviluppo
dell’Intelligenza artificiale, che con la sua capacità di calcolo e di simulazione potrebbe essere
utilizzata per il dominio sull’uomo e sulla natura, piuttosto che messa servizio della pace e dello
sviluppo integrale (cfr Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2024).
7. «Lo Spirito Santo ci accompagna nella vita»: l’hanno capito bene i bambini e le bambine riuniti
in Piazza San Pietro per la loro prima Giornata Mondiale, che ha coinciso con la domenica della
Santissima Trinità. Dio non è un’idea astratta di infinito, ma è Padre amorevole, Figlio amico e
redentore di ogni uomo e Spirito Santo che guida i nostri passi sulla via della carità. L’obbedienza
allo Spirito d’amore cambia radicalmente l’atteggiamento dell’uomo: da “predatore” a “coltivatore”
del giardino. La terra è affidata all’uomo, ma resta di Dio (cfr Lv 25,23). Questo è
l’antropocentrismo teologale della tradizione ebraico-cristiana. Pertanto, pretendere di possedere
e dominare la natura, manipolandola a proprio piacimento, è una forma di idolatria. È l’uomo
prometeico, ubriaco del proprio potere tecnocratico che con arroganza mette la terra in una
condizione “dis-graziata”, cioè priva della grazia di Dio. Ora, se la grazia di Dio è Gesù, morto e
risorto, è vero quanto ha affermato Benedetto XVI: «Non è la scienza che redime l’uomo. L’uomo
viene redento mediante l’amore» (Lett. enc. Spe salvi, 26), l’amore di Dio in Cristo, da cui niente e
nessuno potrà mai separarci (cfr Rm 8,38-39).Continuamente attratta dal suo futuro, la
creazione non è statica o chiusa in sé stessa. Oggi, anche grazie alle scoperte della fisica
contemporanea, il legame tra materia e spirito si presenta in maniera sempre più affascinante alla
nostra conoscenza.
8. La salvaguardia del creato è dunque una questione, oltre che etica, eminentemente teologica:
riguarda, infatti, l’intreccio tra il mistero dell’uomo e quello di Dio. Questo intreccio si può dire
“generativo”, in quanto risale all’atto d’amore con cui Dio crea l’essere umano in Cristo. Questo
atto creatore di Dio dona e fonda l’agire libero dell’uomo e tutta la sua eticità: libero proprio nel suo
essere creato nell’immagine di Dio che è Gesù Cristo, e per questo “rappresentante” della
creazione in Cristo stesso. C’è una motivazione trascendente (teologico-etica) che impegna il
cristiano a promuovere la giustizia e la pace nel mondo, anche attraversola destinazione
universale dei beni: si tratta della rivelazione dei figli di Dio che il creato attende, gemendo come
nelle doglie di un parto. In gioco non c’è solo la vita terrena dell’uomo in questa storia, c’è
soprattutto il suo destino nell’eternità, l’eschaton della nostra beatitudine, il Paradiso della nostra
pace, in Cristo Signore del cosmo, il Crocifisso-Risorto per amore.
9.Sperare e agire con il creato significa allora vivere una fede incarnata, che sa entrare nella
carne sofferente e speranzosa della gente, condividendo l’attesa della risurrezione corporea a cui i
credenti sono predestinati in Cristo Signore. In Gesù, il Figlio eterno nella carne umana, siamo
realmente figli del Padre. Mediante la fede e il battesimo inizia per il credente la vita secondo lo
Spirito (cfr Rm 8,2), una vita santa, un’esistenza da figli del Padre, come Gesù (cfr Rm 8,14-17),
poiché, per la potenza dello Spirito Santo, Cristo vive in noi (cfr Gal 2,20). Una vita che diventa
canto d’amore per Dio, per l’umanità, con e per il creato, e che trova la sua pienezza nella santità.

Roma, San Giovanni in Laterano, 27 giugno 2024

FRANCESCO

 


La parola N. 4 giugno 2024

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L’articolo del Vescovo

L’Eucaristia luogo di santità ospitale

Nell’Eucaristia la comunità pasquale riconosce la presenza viva del Signore Risorto come il pane di vita eterna e il pane disceso dal cielo, che rende ogni discepolo capace di vivere secondo lo stile evangelico, divenendo pane spezzato per gli altri. La nostra Chiesa diocesana, per il prossimo anno pastorale, intende crescere nella santità ospitale che l’Eucaristia significa e genera.

Questo cammino ecclesiale può diventare concreto e visibile nella misura in cui l’Eucaristia diventa sempre più ciò che essa è: il cuore pulsante della vita cristiana, il culmine e la sorgente della vita e della missione della Chiesa. Questa affermazione conferma la convinzione di San Giovanni Paolo II secondo il quale la comunità cristiana e il mondo hanno grande bisogno dell’Eucaristia. Infatti, per un discepolo del Risorto parlare di Eucaristia significa parlare di Gesù stesso e della sua vita donata per noi.

Per questa ragione ogni celebrazione eucaristica è sempre un invito rivolto alla comunità e ai singoli battezzati a condividere fino in fondo l’umano, luogo generativo di una pastorale realmente inclusiva e sinodale che aiuta a camminare insieme e che valorizza i carismi che lo Spirito dona secondo la vocazione e il ruolo di ciascuno. In questo modo, la comunità eucaristica diventa scuola di santità ospitale ovvero spazio relazionale e sacramentale dove si deve imparare gli uni dagli altri l’arte evangelica del servire per amore.

L’azione pastorale deve trovare nell’Eucaristia la forma del suo dinamismo missionario e caritativo. L’Eucaristia celebrata nel giorno del Signore è l’invito permanente ai fedeli, nutriti dei sacramenti pasquali, a vivere in perfetta unione e rendere visibile la carità di Cristo. L’urgenza di assimilare questa prospettiva dinamica e comunitaria dell’Eucaristia è avvalorata anche dalla recente Lettera apostolica di Papa Francesco sulla formazione liturgica del popolo di Dio, Desiderio desideravi. Il Papa sottolinea questa duplice prospettiva quando scrive: “invito tutta la Chiesa a riscoprire, custodire e vivere la verità e la forza della celebrazione cristiana. Vorrei che la bellezza del celebrare cristiano e delle sue necessarie conseguenze nella vita della Chiesa, non venisse deturpata da una superficiale e riduttiva comprensione del suo valore o, ancor peggio, da una sua strumentalizzazione a servizio di una qualche visione ideologica, qualunque essa sia (cfr. nn. 16-17). L’Eucaristia intesa come luogo di santità ospitale è non solo il paradigma della sinodalità vissuta sacramentalmente, ma getta anche luce sulle dimensioni essenziali della Chiesa: il cammino dei discepoli, l’incontro con il Risorto, l’ascolto delle Scritture, illuminate dal mistero pasquale, l’accoglienza del forestiero, la frazione del pane, la missione il confronto con gli apostoli.

L’Eucaristia ricorda anche che è possibile crescere in umanità solo quando si diventa capaci di amare con Cristo e come Lui. È in questa verità esistenziale che vanno accolte le parole di Gesù: “Fate questo in memoria di me”. Esse sono un invito a rendere presente, nella vita, l’amore di Cristo per noi; a rivivere, nella nostra povera umanità, la capacità di farsi dono per gli altri. La Chiesa ha sempre guardato all’Eucaristia come al sacramento della sua rinascita spirituale e pastorale, perciò il nostro tema diocesano: “Nell’Eucaristia nasce e rinasce la Chiesa”. Papa Francesco in occasione del Congresso Eucaristico di Matera ha ribadito questa centralità dell’Eucaristia nella vita della Chiesa dicendo: “Innanzitutto, l’Eucaristia ci ricorda il primato di Dio. (…) Ricordarci che solo il Signore è Dio e tutto il resto è dono del suo amore. Perché se adoriamo noi stessi, moriamo nell’asfissia del nostro piccolo io. (…) Quando invece adoriamo il Signore Gesù presente nell’Eucaristia, riceviamo uno sguardo nuovo anche sulla nostra vita: io non sono le cose che possiedo o i successi che riesco a ottenere; il valore della mia vita non dipende da quanto riesco a esibire né diminuisce quando vado incontro ai fallimenti e agli insuccessi. Io sono un figlio amato, ognuno di noi è un figlio amato; io sono benedetto da Dio; Lui mi ha voluto rivestire di bellezza e mi vuole libero, mi vuole libera da ogni schiavitù. Ricordiamoci questo: chi adora Dio non diventa schiavo di nessuno: è libero”, libero per amare e servire con gioia e umiltà.

+ Ciro Fanelli

Vescovo