Archivi della categoria: News

venerdì 25 novembre, 18:30 - Salone degli stemmi - Melfi

LA SCELTA DELL’ACR: UN VERO CAMMINO DI INIZIAZIONE CRISTIANA

Incontro di formazione per sacerdoti, catechisti, educatori, animatori e responsabili ACR

L’iniziativa è promossa dall’Azione Cattolica diocesana , per il 25 novembre alle ore 18:30 presso il Salone degli stemmi del Palazzo Vescovile di Melfi. La relazione dell’incontro sarà tenuta da Anna Teresa Borrelli, già responsabile nazionale ACR.

S. Cecilia – incontro per animatori liturgico-musicali

22 novembre ore 20 - Convento delle suore Antoniane a Rionero

L’iniziativa proposta dalla Commissione Diocesana di Musica Sacra insieme al Coro Interparrocchiale Theotokos di Rionero nella memoria di Santa Cecilia patrona dei musicisti, per il 22 novembre alle ore 20 presso il Convento delle suore Antoniane a Rionero. L’ incontro sarà introdotto da Suor Regilene Pereira (R.F.S.A) responsabile Coro Theotokos, “Pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo”  si parlerà del cammino sinodale in ambito musicale con riferimento alla realtà rionerese, poi il tema“In corde suo soli Domino decantabat”  sulle orme di Santa Cecilia con la relazione di p. Tony Leva, presidente della Commissione Diocesana di Musica Sacra ed infine il prezioso momento di preghiera con il nostro Vescovo S.E. Mons. Ciro Fanelli, con l’intercessione di Santa Cecilia.

“IO SONO IN MEZZO A VOI COME COLUI CHE SERVE” (LUCA 21, 27)

Lettera alla Santa Chiesa di Dio che è in Melfi - Rapolla - Venosa per la “riapertura” della Cattedrale di Melfi e per l’Indizione della Visita Pastorale

CIRO FANELLI
VESCOVO DI MELFI–RAPOLLA-VENOSA

Alla Santa Chiesa di Dio
che è
in Melfi-Rapolla-Venosa

“IO SONO IN MEZZO A VOI COME COLUI CHE SERVE”

(LUCA 21, 27)
Lettera
per la “riapertura” della Cattedrale di Melfi
e per l’Indizione della Visita Pastorale

 

 

Carissimi fratelli e sorelle,

 

1. Insieme per “servire”
il 4 novembre 2017, nella memoria liturgica di San Carlo Borromeo, alla cui intercessione ho affidato il mio ministero episcopale, giungevo in mezzo a voi come vostro Vescovo: abbiamo  vissuto, con l’aiuto di Dio, cinque anni di cammino insieme. Nel nome del Signore, da quel giorno, ho orientato, con trepidazione e fiducia, i miei passi verso di voi con l’unico intento di “fare tutto per il Vangelo” (1 Cor 9, 23), sforzandomi di conoscervi, amarvi e servirvi perché siete la Sposa diletta di Cristo Gesù, nostro unico Salvatore.
Il “servire” è il senso profondo del nostro essere Chiesa e del ministero ordinato nella comunità cristiana; la nostra identità ecclesiale è tutta racchiusa in quelle parole sublimi di Gesù: “Io sono in mezzo a voi come colui che serve” (Lc 21, 27).
A partire da quel giorno di cinque anni fa, nella luce della Fede, ho riconosciuto nel discernimento di Papa Francesco la volontà di Dio sulla mia persona e attraverso di me per la Santa Chiesa di Melfi-Rapolla-Venosa.
Oggi, con maggiore consapevolezza di allora, vi ripeto con San Paolo che mi siete diventati cari nel Signore (cfr. 1 Ts. 2,8).

 

2. Il Signore si è preso cura di noi
Il tempo che abbiamo trascorso insieme è stato, purtroppo, contrassegnato da due anni di pandemia; due anni che hanno causato tante criticità, non solo dal punto di vista sanitario,
ma anche sociale ed economico. Le restrizioni per contenere la diffusione del contagio non ci hanno consentito di poterci incontrare a livello ecclesiale con la consueta frequenza e nella serenità.
La pandemia ha contribuito, inoltre, a svelare scenari pastorali di cui forse non eravamo pienamente consapevoli. In questi cinque anni abbiamo vissuto tanti momenti difficili, ma anche tante situazioni belle e significative. In ogni circostanza, però, abbiamo sempre sperimentato che il Signore ci è stato accanto e con la sua Misericordia si è preso cura di noi. Siamo certi che Gesù, il Pastore buono e bello, ogni giorno ci guida conducendoci sui sentieri del tempo per aprire i nostri cuori alla lode a Dio Padre nello Spirito Santo.

 

3. Il dono della “riapertura” della Cattedrale
La Provvidenza di Dio ha disposto che a conclusione di questo primo lustro del mio servizio episcopale la Diocesi potesse gioire nel “rivivere” la sua Cattedrale e nell’ammirarne nuovamente non solo la bellezza della sua facciata, ma anche la magnificenza dell’aula liturgica. La teologia ci insegna che la Chiesa Cattedrale è l’icona della comunione ecclesiale, che deve permeare tutta la vita della Diocesi e della missione alla quale tale comunione invia: testimoniare con la vita battesimale la Misericordia di Dio. Il prossimo 7 dicembre, Vigilia della Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, attraverseremo insieme la porta principale della nostra Cattedrale per celebrare i divini i misteri e per contemplare in Maria l’attuazione piena del progetto di amore che il Signore ha predisposto per tutti: essere “santi ed immacolati” nell’amore al suo cospetto (cfr. Ef 1, 4-5).
La riapertura al culto della nostra Cattedrale avviene nel tempo di grazia che è il “cammino sinodale”. Anche questa coincidenza è sicuramente provvidenziale ed è, perciò, carica di molteplici significati per il nostro cammino di Chiesa. Il Cristo Buon Pastore, infatti, ci chiama attraverso l’icona della Chiesa Cattedrale a vivere la comunione, ad essere popolo, a camminare nella  sinodalità, proclamando a tutti la gioia del Vangelo.

 

4. L’indizione della Visita Pastorale
In questa bella e solenne circostanza, per la quale il Santo Padre ha concesso il dono dell’Indulgenza plenaria, che ci consentirà di gustare per un intero anno il significato ecclesiale della Chiesa Madre della Diocesi, mi è parso opportuno – non solo per dovere canonico, ma per esigenza pastorale – indire la mia prima Visita Pastorale, a norma dei can. 396, 397, 398 del Codice di Diritto Canonico e in ossequio alle indicazioni del Direttorio per il ministero pastorale dei Vescovi, Apostolorum Successores (numeri 221-225). Quanto prima sarà mia cura comunicare le modalità operative della Visita, la sua scansione temporale e i nomi dei convisitatori. Essa è per la nostra Chiesa diocesana un vero tempo di grazia con l’esperienza dell’incontro, dell’ascolto e del discernimento, a cui ci chiama il percorso sinodale, per aiutarci a crescere nella comunione, nella partecipazione e nella missione.

 

5. I molteplici volti di un unico mosaico
In questi cinque anni, attraverso le celebrazioni ed altri eventi ecclesiali, vi ho incontrato in più occasioni.
Le visite alle parrocchie, gli incontri con gli organismi ecclesiali e con le aggregazioni laicali mi hanno fatto conoscere sempre meglio la Diocesi: i suoi talenti, le aspirazioni, le gioie, le sofferenze, le criticità. Questi incontri sono stati per me momenti preziosi che hanno rafforzato nel mio animo il desiderio di “camminare insieme” per essere sempre più fedeli al Signore Gesù, nostra
speranza e nostro unico salvatore. Tra gli incontri particolarmente significativi, ricordo con gioia spirituale quegli eventi che hanno accompagnato il percorso formativo diocesano e zonale: i convegni pastorali, la settimana biblica e il “cammino sinodale”, che nelle nostre comunità è venuto a coincidere con la ricostituzione in tutte le parrocchie degli organismi di partecipazione.
Nella luce di Cristo, che sempre deve illuminare il servizio ecclesiale, ho avuto anche modo di incrociare molte storie personali, spesso segnate dalla sofferenza, dalla povertà e dall’emarginazione. In questa stessa luce ho colto, però, con gioia interiore, nel cuore di tanti – presbiteri, religiosi e religiose, diaconi, seminaristi, fedeli laici – il desiderio di crescere nella fedeltà al Vangelo, nel servizio ecclesiale e in quello caritativo.

 

6. Lo zelo dei presbiteri
Ho apprezzato molto lo zelo pastorale del nostro presbiterio diocesano che, in questi anni, sebbene sia stato duramente provato da lutti e da molte criticità, è stato forte nel proseguire
con amore nella missione di servire la Chiesa di Dio. Abbiamo anche gioito per l’ordinazione di nuovi sacerdoti, lodando il Signore che non fa mancare alla sua Chiesa ministri secondo il suo cuore. Cordialmente ringrazio tutti i nostri sacerdoti, diocesani e religiosi, per la fraternità, l’affetto e la collaborazione. Gesù Buon Pastore ricompensi le fatiche di ognuno e riversi nel cuore di tutti l’olio della consolazione e il vino della speranza!

 

 

7. La varietà di vocazioni, carismi e ministeri
Ho constatato con soddisfazione spirituale il desiderio dei nostri diaconi permanenti di volersi porre con amorevolezza e umiltà a servizio delle comunità. Ho verificato l’umile dedizione delle persone consacrate nel testimoniare i valori del Regno. Ho gioito dinanzi alla generosità con la quale tanti fedeli laici nelle parrocchie e nelle varie aggregazioni ecclesiali testimoniano la fedeltà al proprio battesimo. Mi sono sentito incoraggiato dai giovani che si sono incamminati in un sincero discernimento vocazionale in vista del Sacerdozio: Saverio De Rosa e Luca Vietri di Melfi,
Donato Grimolizzi di Rapolla e Mattia Quagliarella di Lavello.

 

8. Tutti chiamati ad ascoltare e ad accogliere
In questi anni, come dicevo, ho incontrato molte persone segnate da tanta sofferenza spirituale e materiale; esse ci rendono presente il corpo sofferente di Gesù di cui la comunità cristiana deve prendersi cura per celebrare nella vita l’Eucaristia che vive nella liturgia. Queste persone, se da una parte ci chiedono attenzioni concrete, dall’altra ci domandano soprattutto di essere ascoltate, di sentirsi accolte e riconosciute nella loro dignità; penso in modo particolare ai disoccupati, alle famiglie lacerate, agli anziani, ai carcerati, alle persone sole, ai malati, gli immigrati, ai giovani in cerca di un senso per la loro vita.

 

9. La fatica di “pensare insieme” il bene della società e il suo sviluppo
L’incontro con le istituzioni civili, culturali ed educative, con le forze dell’ordine, con i presidi sanitari è stato sempre improntato al dialogo, nel rispetto reciproco e nella collaborazione.
Questi incontri, però, con l’impegno di tutti, devono trasformarsi in un’intesa più organica per sovvenire con efficacia alle necessità delle fasce più deboli della popolazione. Le nostre comunità, che sono molto provate dalla denatalità e dalla disoccupazione, devono vederci tutti pronti alla fatica di “pensare insieme” per essere più attenti a favorire sul territorio quelle scelte in grado di catalizzare le energie dei giovani e di convogliarle nello sviluppo economico, sociale e culturale del nostro territorio.

 

10. La scuola e i giovani
Nelle visite alle scuole ho incontrato dirigenti, docenti e personale A.T.A. che, consapevoli della preziosità del loro ruolo educativo, non si arrendono facilmente davanti alle molteplici
difficoltà in cui oggi sono chiamati ad operare come educatori e formatori. I nostri ragazzi e i nostri giovani, infatti, nella proposta formativa della scuola trovano ancora, grazie a Dio, una “palestra” importante per crescere e maturare. Dall’incontro con i ragazzi e i giovani emerge sempre la richiesta di essere sicuramente accompagnati nel cammino della loro giovane vita, ma soprattutto di essere ascoltati e di divenire protagonisti nella costruzione del loro futuro.

 

11. Aprire cantieri di evangelizzazione e di umanità
In questo nostro contesto sociale e culturale, che è il Vulture-Melfese e parte dell’AltoBradano, la nostra Chiesa diocesana è chiamata, come ci sta chiedendo il “cammino sinodale”, a farsi “cantiere” di evangelizzazione, di umanità e di servizio, divenendo sempre più presenza positiva e propositiva della grande Speranza che è l’annuncio del Vangelo. Con questa Speranza evangelica dobbiamo chinarci sulle molteplici povertà della nostra società, incrociando, però, gli occhi e i cuori delle persone per stringerci ad esse con sincero affetto ecclesiale.
L’Eucaristia è il luogo teologico di questo incontro e di questo discernimento. Ogni Eucaristia ci spinge ad incontrare tutti e a seminare in ogni ambito della vita i valori del Regno.

 

12. Educare alla vita buona del Vangelo
La celebrazione dei sacramenti, la predicazione, la catechesi, la formazione, l’accompagnamento delle persone, la testimonianza della carità non sono soltanto il cuore del nostro impegno ecclesiale, ma anche le modalità con cui come discepoli del Risorto annunciamo al mondo che è bello essere Chiesa! Questo è il servizio che dobbiamo offrire agli uomini e alle donne del nostro tempo nella consapevolezza che il Vangelo è via per crescere in umanità!

 

13. La “via della bellezza” come evangelizzazione
Uno dei linguaggi che la Chiesa ha usato nel corso dei secoli per evangelizzare è stato anche quello dell’arte, indicando la “via della bellezza” come strada dell’incontro con il Verbo
della vita. Anche la nostra Chiesa locale ha camminato lungo questi sentieri. Infatti nella nostra realtà diocesana possiamo annoverare un grande patrimonio artistico di notevole valore.
La “via della bellezza” resta anche oggi una delle espressioni più alte per annunciare il Vangelo, per esprimere la forte valenza culturale del mistero di Dio, riconosciuto come via
per la piena realizzazione dell’uomo. L’armonia architettonica di alcune Chiese della nostra Diocesi sono il segno di una comunità cristiana che nel passato ha saputo annunciare la bellezza di Dio, riuscendo a farla risplendere nella sacra liturgia.

 

 

14. La nostra Cattedrale segno di una storia di bellezza
La Basilica Cattedrale di Melfi con la sua bellissima facciata settecentesca è un maestoso esempio di questo fecondo connubio tra Fede e arte. Purtroppo, dal 2016 la facciata della Cattedrale è stata “velata” ai nostri sguardi, a causa dei necessari ed urgenti lavori di restauro; successivamente, dall’ottobre del 2021, anche l’aula liturgica della Cattedrale è stata chiusa al culto, perché è stata interessata anch’essa da importanti interventi di consolidamento. Ora la nostra Cattedrale ritorna a risplendere in tutto il suo fascino per continuare ad essere spazio sacro in cui la Chiesa di Melfi-Rapolla-Venosa potrà ritrovarsi per celebrare i divini misteri e per sentirsi inviata a portare a tutti la gioia del Vangelo.

 

 

15. Il Convegno sulla Cattedrale
La riapertura della Cattedrale, è un evento di grande valenza teologica, ecclesiale e artistica. Per questa ragione essa sarà preceduta da un Convegno di studi che inizierà il 30 novembre.
L’obiettivo del Convegno è di evidenziare tutti gli aspetti che la Chiesa Cattedrale esprime all’interno del tessuto ecclesiale della Diocesi. Ringrazio di cuore Mons. Ciro Guerra, Delegato diocesano per i Beni Culturali Ecclesiastici, che ne ha curato l’organizzazione, avvalendosi della collaborazione degli altri organismi pastorali diocesani e delle molteplici competenze esterne.

 

16. L’indulgenza plenaria
Per tale circostanza, come dicevo, il Santo Padre, Papa Francesco, attraverso la Penitenzieria Apostolica, ha concesso il dono dell’Indulgenza plenaria a quanti con spirito di Fede visiteranno la Cattedrale. Con questo dono per la nostra Diocesi si apre un tempo “giubilare” che terminerà l’8 dicembre del prossimo anno. Sarà un anno di grazia in cui cogliere la bellezza e la gioia di essere Chiesa, che nasce dalla comunione trinitaria, vissuta in forma sinodale in un popolo che si rafforza comunicando il Vangelo. Questa circostanza di alto significato ecclesiale, anche per l’indizione della Visita Pastorale, deve vederci come Chiesa locale convenire tutti a Melfi il prossimo 7 dicembre: presbiteri, diaconi, religiosi, religiose, seminaristi e fedeli laici. Le modalità con cui partecipare alla celebrazione saranno comunicate quanto prima dagli Uffici della Curia diocesana preposti per l’organizzazione di tale evento.

 

17. Le ragioni della Visita Pastorale
La Visita pastorale che il Vescovo diocesano, a norma del Diritto Canonico, è tenuto a compiere rende presente la permanente visita di Cristo Buon Pastore, che si prende cura del
suo gregge. La Visita per me, prima di essere un dovere, è un’esigenza del cuore, che mi consentirà di vivere in pieno nella ferialità e in modo prolungato la carità pastorale, incrociando i miei
passi con la vita di ogni singola comunità parrocchiale e con i ritmi di ogni realtà presente nella nostra compagine ecclesiale. Essa è anche una singolare opportunità per accrescere la ricchezza di grazia propria del “cammino sinodale” nel quale ci troviamo. Il dinamismo del Sinodo è, infatti, sostanzialmente identico a quello della Visita Pastorale: entrambi gli eventi sono scanditi dall’incontrare, dall’ascoltare e dal discernere. Attraverso la Visita desidero fare mio il desiderio dell’apostolo Paolo rivolto a Barnaba: “Ritorniamo a far visita ai fratelli in tutte le città nelle quali abbiamo annunziato la parola del Signore, per vedere come stanno” (At 15,36).

 

18. Il senso dell’essere Chiesa nello spirito del Vaticano II
La celebrazione di riapertura della Cattedrale con l’indizione della Visita Pastorale avviene nel 60° anniversario dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II. Questa felice coincidenza fa si che la Visita Pastorale trovi senso e significato nell’insegnamento conciliare, che vede la Chiesa generata dalla Parola di Dio (Dei Verbum) e dall’Eucaristia (Sacrosantum Concilium), i cui elementi identitari sono la missione (Ad Gentes), la ricerca dell’unità (Unitatis Redintegratio) e l’inserimento nel mondo (Gaudium et Spes).
Significative sono ancora oggi le parole che San Paolo VI pronunciò nell’allocuzione per l’Ultima sessione pubblica del Concilio Ecumenico Vaticano II, il 7 dicembre 1965.
Paolo VI, in quella solenne circostanza, affermò che la Chiesa con il Concilio “ha desiderato farsi ascoltare e comprendere da tutti; (..) ha cercato di esprimersi anche con lo
stile della conversazione oggi ordinaria, alla quale il ricorso alla esperienza vissuta e l’impiego del sentimento cordiale dànno più attraente vivacità e maggiore forza persuasiva: ha parlato all’uomo d’oggi, qual è”.
Proseguì dicendo che tutta la ricchezza dottrinale sperimentata nel Concilio aveva “un’unica direzione: servire l’uomo. L’uomo, diciamo, in ogni sua condizione, in ogni sua infermità,
in ogni sua necessità”. In queste parole di San Paolo VI è delineato il senso del cammino sinodale e della Visita Pastorale nella vita di una Chiesa locale.

 

19. L’intercessione di Maria e dei nostri Santi Patroni
Fin d’ora accompagniamo con la preghiera la prossima Visita Pastorale. Affido ogni suo frutto all’intercessione della Beata Vergine Maria Madre della Chiesa, di S. Alessandro, San Biagio, San Felice, nostri Patroni; di San Giustino de Jacobis, pastore radicato nel Vangelo e aperto al dialogo e all’ascolto di tutti. Il Signore benedica la nostra Chiesa e ci conceda, con abbondanza, il dono del suo Spirito, perché possiamo sperimentare sempre la sua presenza e gustare ogni girono la gioia di essere testimoni credibili del Vangelo.
Melfi, 15 novembre 2022 – Memoria di Sant’Alberto Magno.

 

+ Ciro Fanelli
Vescovo

Domenica 20 Novembre 2022

GMG DIOCESANA

"Maria si alzò e andò in fretta" (Lc1,39)

VI GIORNATA MONDIALE DEI POVERI

"Gesù Cristo si è fatto povero per voi"

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

VI GIORNATA MONDIALE DEI POVERI

Domenica XXXIII del Tempo Ordinario
13 novembre 2022

Gesù Cristo si è fatto povero per voi (cfr 2 Cor 8,9)

1. «Gesù Cristo […] si è fatto povero per voi» (cfr 2 Cor 8,9). Con queste parole l’apostolo Paolo si rivolge ai primi cristiani di Corinto, per dare fondamento al loro impegno di solidarietà con i fratelli bisognosi. La Giornata Mondiale dei Poveri torna anche quest’anno come sana provocazione per aiutarci a riflettere sul nostro stile di vita e sulle tante povertà del momento presente.

Qualche mese fa, il mondo stava uscendo dalla tempesta della pandemia, mostrando segni di recupero economico che avrebbe restituito sollievo a milioni di persone impoverite dalla perdita del lavoro. Si apriva uno squarcio di sereno che, senza far dimenticare il dolore per la perdita dei propri cari, prometteva di poter tornare finalmente alle relazioni interpersonali dirette, a incontrarsi di nuovo senza più vincoli o restrizioni. Ed ecco che una nuova sciagura si è affacciata all’orizzonte, destinata ad imporre al mondo un scenario diverso.

La guerra in Ucraina è venuta ad aggiungersi alle guerre regionali che in questi anni stanno mietendo morte e distruzione. Ma qui il quadro si presenta più complesso per il diretto intervento di una “superpotenza”, che intende imporre la sua volontà contro il principio dell’autodeterminazione dei popoli. Si ripetono scene di tragica memoria e ancora una volta i ricatti reciproci di alcuni potenti coprono la voce dell’umanità che invoca la pace.

2. Quanti poveri genera l’insensatezza della guerra! Dovunque si volga lo sguardo, si constata come la violenza colpisca le persone indifese e più deboli. Deportazione di migliaia di persone, soprattutto bambini e bambine, per sradicarle e imporre loro un’altra identità. Ritornano attuali le parole del Salmista di fronte alla distruzione di Gerusalemme e all’esilio dei giovani ebrei: «Lungo i fiumi di Babilonia / là sedevamo e piangevamo / ricordandoci di Sion. / Ai salici di quella terra / appendemmo le nostre cetre, / perché là ci chiedevano parole di canto, / coloro che ci avevano deportato, / allegre canzoni i nostri oppressori. / […] Come cantare i canti del Signore / in terra straniera?» (Sal 137,1-4).

Sono milioni le donne, i bambini, gli anziani costretti a sfidare il pericolo delle bombe pur di mettersi in salvo cercando rifugio come profughi nei Paesi confinanti. Quanti poi rimangono nelle zone di conflitto, ogni giorno convivono con la paura e la mancanza di cibo, acqua, cure mediche e soprattutto degli affetti. In questi frangenti la ragione si oscura e chi ne subisce le conseguenze sono tante persone comuni, che vengono ad aggiungersi al già elevato numero di indigenti. Come dare una risposta adeguata che porti sollievo e pace a tanta gente, lasciata in balia dell’incertezza e della precarietà?

3. In questo contesto così contraddittorio viene a porsi la VI Giornata Mondiale dei Poveri, con l’invito – ripreso dall’apostolo Paolo – a tenere lo sguardo fisso su Gesù, il quale «da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2 Cor 8,9). Nella sua visita a Gerusalemme, Paolo aveva incontrato Pietro, Giacomo e Giovanni i quali gli avevano chiesto di non dimenticare i poveri. La comunità di Gerusalemme, in effetti, si trovava in gravi difficoltà per la carestia che aveva colpito il Paese. E l’Apostolo si era subito preoccupato di organizzare una grande colletta a favore di quei poveri. I cristiani di Corinto si mostrarono molto sensibili e disponibili. Su indicazione di Paolo, ogni primo giorno della settimana raccolsero quanto erano riusciti a risparmiare e tutti furono molto generosi.

Come se il tempo non fosse mai trascorso da quel momento, anche noi ogni domenica, durante la celebrazione della santa Eucaristia, compiamo il medesimo gesto, mettendo in comune le nostre offerte perché la comunità possa provvedere alle esigenze dei più poveri. È un segno che i cristiani hanno sempre compiuto con gioia e senso di responsabilità, perché nessun fratello e sorella debba mancare del necessario. Lo attestava già il resoconto di San Giustino, che, nel secondo secolo, descrivendo all’imperatore Antonino Pio la celebrazione domenicale dei cristiani, scriveva così: «Nel giorno chiamato “del Sole” ci si raduna tutti insieme, abitanti delle città o delle campagne e si leggono le memorie degli Apostoli o gli scritti dei profeti finché il tempo lo consente. […] Si fa quindi la spartizione e la distribuzione a ciascuno degli elementi consacrati e attraverso i diaconi se ne manda agli assenti. I facoltosi e quelli che lo desiderano danno liberamente, ciascuno quello che vuole, e ciò che si raccoglie viene depositato presso il sacerdote. Questi soccorre gli orfani, le vedove, e chi è indigente per malattia o per qualche altra causa, i carcerati, gli stranieri che si trovano presso di noi: insomma, si prende cura di chiunque sia nel bisogno» (Prima Apologia, LXVII, 1-6).

4. Tornando alla comunità di Corinto, dopo l’entusiasmo iniziale il loro impegno cominciò a venire meno e l’iniziativa proposta dall’Apostolo perse di slancio. È questo il motivo che spinge Paolo a scrivere in maniera appassionata rilanciando la colletta, «perché, come vi fu la prontezza del volere, così vi sia anche il compimento, secondo i vostri mezzi» (2 Cor 8,11).

Penso in questo momento alla disponibilità che, negli ultimi anni, ha mosso intere popolazioni ad aprire le porte per accogliere milioni di profughi delle guerre in Medio Oriente, in Africa centrale e ora in Ucraina. Le famiglie hanno spalancato le loro case per fare spazio ad altre famiglie, e le comunità hanno accolto con generosità tante donne e bambini per offrire loro la dovuta dignità. Tuttavia, più si protrae il conflitto, più si aggravano le sue conseguenze. I popoli che accolgono fanno sempre più fatica a dare continuità al soccorso; le famiglie e le comunità iniziano a sentire il peso di una situazione che va oltre l’emergenza. È questo il momento di non cedere e di rinnovare la motivazione iniziale. Ciò che abbiamo iniziato ha bisogno di essere portato a compimento con la stessa responsabilità.

5. La solidarietà, in effetti, è proprio questo: condividere il poco che abbiamo con quanti non hanno nulla, perché nessuno soffra. Più cresce il senso della comunità e della comunione come stile di vita e maggiormente si sviluppa la solidarietà. D’altronde, bisogna considerare che ci sono Paesi dove, in questi decenni, si è attuata una crescita di benessere significativo per tante famiglie, che hanno raggiunto uno stato di vita sicuro. Si tratta di un frutto positivo dell’iniziativa privata e di leggi che hanno sostenuto la crescita economica congiunta a un concreto incentivo alle politiche familiari e alla responsabilità sociale. Il patrimonio di sicurezza e stabilità raggiunto possa ora essere condiviso con quanti sono stati costretti a lasciare le loro case e il loro Paese per salvarsi e sopravvivere. Come membri della società civile, manteniamo vivo il richiamo ai valori di libertà, responsabilità, fratellanza e solidarietà. E come cristiani, ritroviamo sempre nella carità, nella fede e nella speranza il fondamento del nostro essere e del nostro agire.

6. È interessante osservare che l’Apostolo non vuole obbligare i cristiani costringendoli a un’opera di carità. Scrive infatti: «Non dico questo per darvi un comando» (2 Cor 8,8); piuttosto, egli intende «mettere alla prova la sincerità» del loro amore nell’attenzione e premura verso i poveri (cfr ibid.). A fondamento della richiesta di Paolo sta certamente la necessità di aiuto concreto, tuttavia la sua intenzione va oltre. Egli invita a realizzare la colletta perché sia segno dell’amore così come è stato testimoniato da Gesù stesso. Insomma, la generosità nei confronti dei poveri trova la sua motivazione più forte nella scelta del Figlio di Dio che ha voluto farsi povero Lui stesso.

L’Apostolo, infatti, non teme di affermare che questa scelta di Cristo, questa sua “spogliazione”, è una «grazia», anzi, «la grazia del Signore nostro Gesù Cristo» (2 Cor 8,9), e solo accogliendola noi possiamo dare espressione concreta e coerente alla nostra fede. L’insegnamento di tutto il Nuovo Testamento ha una sua unità intorno a questo tema, che trova riscontro anche nelle parole dell’apostolo Giacomo: «Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi; perché, se uno ascolta la Parola e non la mette in pratica, costui somiglia a un uomo che guarda il proprio volto allo specchio: appena si è guardato, se ne va, e subito dimentica come era. Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla» (Gc 1,22-25).

7. Davanti ai poveri non si fa retorica, ma ci si rimbocca le maniche e si mette in pratica la fede attraverso il coinvolgimento diretto, che non può essere delegato a nessuno. A volte, invece, può subentrare una forma di rilassatezza, che porta ad assumere comportamenti non coerenti, quale è l’indifferenza nei confronti dei poveri. Succede inoltre che alcuni cristiani, per un eccessivo attaccamento al denaro, restino impantanati nel cattivo uso dei beni e del patrimonio. Sono situazioni che manifestano una fede debole e una speranza fiacca e miope.

Sappiamo che il problema non è il denaro in sé, perché esso fa parte della vita quotidiana delle persone e dei rapporti sociali. Ciò su cui dobbiamo riflettere è, piuttosto, il valore che il denaro possiede per noi: non può diventare un assoluto, come se fosse lo scopo principale. Un simile attaccamento impedisce di guardare con realismo alla vita di tutti i giorni e offusca lo sguardo, impedendo di vedere le esigenze degli altri. Nulla di più nocivo potrebbe accadere a un cristiano e a una comunità dell’essere abbagliati dall’idolo della ricchezza, che finisce per incatenare a una visione della vita effimera e fallimentare.

Non si tratta, quindi, di avere verso i poveri un comportamento assistenzialistico, come spesso accade; è necessario invece impegnarsi perché nessuno manchi del necessario. Non è l’attivismo che salva, ma l’attenzione sincera e generosa che permette di avvicinarsi a un povero come a un fratello che tende la mano perché io mi riscuota dal torpore in cui sono caduto. Pertanto, «nessuno dovrebbe dire che si mantiene lontano dai poveri perché le sue scelte di vita comportano di prestare più attenzione ad altre incombenze. Questa è una scusa frequente negli ambienti accademici, imprenditoriali o professionali, e persino ecclesiali. […] Nessuno può sentirsi esonerato dalla preoccupazione per i poveri e per la giustizia sociale» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 201). È urgente trovare nuove strade che possano andare oltre l’impostazione di quelle politiche sociali «concepite come una politica verso i poveri, ma mai con i poveri, mai dei poveri e tanto meno inserita in un progetto che unisca i popoli» (Enc. Fratelli tutti, 169). Bisogna tendere invece ad assumere l’atteggiamento dell’Apostolo che poteva scrivere ai Corinzi: «Non si tratta di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia uguaglianza» (2 Cor 8,13).

8. C’è un paradosso che oggi come nel passato è difficile da accettare, perché si scontra con la logica umana: c’è una povertà che rende ricchi. Richiamando la “grazia” di Gesù Cristo, Paolo vuole confermare quello che Lui stesso ha predicato, cioè che la vera ricchezza non consiste nell’accumulare «tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano» (Mt 6,19), ma piuttosto nell’amore vicendevole che ci fa portare i pesi gli uni degli altri così che nessuno sia abbandonato o escluso. L’esperienza di debolezza e del limite che abbiamo vissuto in questi ultimi anni, e ora la tragedia di una guerra con ripercussioni globali, devono insegnare qualcosa di decisivo: non siamo al mondo per sopravvivere, ma perché a tutti sia consentita una vita degna e felice. Il messaggio di Gesù ci mostra la via e ci fa scoprire che c’è una povertà che umilia e uccide, e c’è un’altra povertà, la sua, che libera e rende sereni.

La povertà che uccide è la miseria, figlia dell’ingiustizia, dello sfruttamento, della violenza e della distribuzione ingiusta delle risorse. È la povertà disperata, priva di futuro, perché imposta dalla cultura dello scarto che non concede prospettive né vie d’uscita. È la miseria che, mentre costringe nella condizione di indigenza estrema, intacca anche la dimensione spirituale, che, anche se spesso è trascurata, non per questo non esiste o non conta. Quando l’unica legge diventa il calcolo del guadagno a fine giornata, allora non si hanno più freni ad adottare la logica dello sfruttamento delle persone: gli altri sono solo dei mezzi. Non esistono più giusto salario, giusto orario lavorativo, e si creano nuove forme di schiavitù, subite da persone che non hanno alternativa e devono accettare questa velenosa ingiustizia pur di racimolare il minimo per il sostentamento.

La povertà che libera, al contrario, è quella che si pone dinanzi a noi come una scelta responsabile per alleggerirsi della zavorra e puntare sull’essenziale. In effetti, si può facilmente riscontrare quel senso di insoddisfazione che molti sperimentano, perché sentono che manca loro qualcosa di importante e ne vanno alla ricerca come erranti senza meta. Desiderosi di trovare ciò che possa appagarli, hanno bisogno di essere indirizzati verso i piccoli, i deboli, i poveri per comprendere finalmente quello di cui avevano veramente necessità. Incontrare i poveri permette di mettere fine a tante ansie e paure inconsistenti, per approdare a ciò che veramente conta nella vita e che nessuno può rubarci: l’amore vero e gratuito. I poveri, in realtà, prima di essere oggetto della nostra elemosina, sono soggetti che aiutano a liberarci dai lacci dell’inquietudine e della superficialità.

Un padre e dottore della Chiesa, San Giovanni Crisostomo, nei cui scritti si incontrano forti denunce contro il comportamento dei cristiani verso i più poveri, scriveva: «Se non puoi credere che la povertà ti faccia diventare ricco, pensa al Signore tuo e smetti di dubitare di questo. Se egli non fosse stato povero, tu non saresti ricco; questo è straordinario, che dalla povertà derivò abbondante ricchezza. Paolo intende qui con “ricchezze” la conoscenza della pietà, la purificazione dai peccati, la giustizia, la santificazione e altre mille cose buone che ci sono state date ora e sempre. Tutto ciò lo abbiamo grazie alla povertà» (Omelie sulla II Lettera ai Corinzi, 17,1).

9. Il testo dell’Apostolo a cui si riferisce questa VI Giornata Mondiale dei Poveri presenta il grande paradosso della vita di fede: la povertà di Cristo ci rende ricchi. Se Paolo ha potuto dare questo insegnamento – e la Chiesa diffonderlo e testimoniarlo nei secoli – è perché Dio, nel suo Figlio Gesù, ha scelto e percorso questa strada. Se Lui si è fatto povero per noi, allora la nostra stessa vita viene illuminata e trasformata, e acquista un valore che il mondo non conosce e non può dare. La ricchezza di Gesù è il suo amore, che non si chiude a nessuno e a tutti va incontro, soprattutto a quanti sono emarginati e privi del necessario. Per amore ha spogliato sé stesso e ha assunto la condizione umana. Per amore si è fatto servo obbediente, fino a morire e a morire in croce (cfr Fil 2,6-8). Per amore si è fatto «pane di vita» (Gv 6,35), perché nessuno manchi del necessario e possa trovare il cibo che nutre per la vita eterna. Anche ai nostri giorni sembra difficile, come lo fu allora per i discepoli del Signore, accettare questo insegnamento (cfr Gv 6,60); ma la parola di Gesù è netta. Se vogliamo che la vita vinca sulla morte e la dignità sia riscattata dall’ingiustizia, la strada è la sua: è seguire la povertà di Gesù Cristo, condividendo la vita per amore, spezzando il pane della propria esistenza con i fratelli e le sorelle, a partire dagli ultimi, da quanti mancano del necessario, perché sia fatta uguaglianza, i poveri siano liberati dalla miseria e i ricchi dalla vanità, entrambe senza speranza.

10. Il 15 maggio scorso ho canonizzato Fratel Charles de Foucauld, un uomo che, nato ricco, rinunciò a tutto per seguire Gesù e diventare con Lui povero e fratello di tutti. La sua vita eremitica, prima a Nazaret e poi nel deserto sahariano, fatta di silenzio, preghiera e condivisione, è una testimonianza esemplare di povertà cristiana. Ci farà bene meditare su queste sue parole: «Non disprezziamo i poveri, i piccoli, gli operai; non solo essi sono i nostri fratelli in Dio, ma sono anche quelli che nel modo più perfetto imitano Gesù nella sua vita esteriore. Essi ci rappresentano perfettamente Gesù, l’Operaio di Nazaret. Sono primogeniti tra gli eletti, i primi chiamati alla culla del Salvatore. Furono la compagnia abituale di Gesù, dalla sua nascita alla sua morte […]. Onoriamoli, onoriamo in essi le immagini di Gesù e dei suoi santi genitori […]. Prendiamo per noi [la condizione] che egli ha preso per sé […]. Non cessiamo mai di essere in tutto poveri, fratelli dei poveri, compagni dei poveri, siamo i più poveri dei poveri come Gesù, e come lui amiamo i poveri e circondiamoci di loro» ( Commenti al Vangelo di Luca, Meditazione 263). [1] Per Fratel Charles queste non furono solo parole, ma stile concreto di vita, che lo portò a condividere con Gesù il dono della vita stessa.

Questa VI Giornata Mondiale dei Poveri diventi un’opportunità di grazia, per fare un esame di coscienza personale e comunitario e domandarci se la povertà di Gesù Cristo è la nostra fedele compagna di vita.

Roma, San Giovanni in Laterano, 13 giugno 2022, Memoria di Sant’Antonio di Padova.

FRANCESCO

messaggio VI giornata mondiale dei poveri

Il cerchio del silenzio


14-18 Novembre 2022 - 18:30 - Chiesa Madre - Rionero

IV SETTIMANA BIBLICA DIOCESANA

L'impegno per la città degli uomini in Luca

“L’IMPEGNO PER LA CITTA’ DEGLI UOMINI IN LUCA”
IV SETTIMANA BIBLICA DIOCESANA
14-18 NOVEMBRE 2022
RIONERO – CHIESA MADRE – ORE 18:30

 

Carissimi fratelli e sorelle,
a partire da lunedì 14 novembre daremo inizio alla IV Settimana Biblica Diocesana; essa è un appuntamento ecclesiale molto importante: con la Settimana Biblica vogliamo metterci comunitariamente in ascolto della Parola di Dio per essere testimoni credibili del Risorto nella città degli uomini.

La Chiesa trova nella Sacra Scrittura il suo nutrimento e il suo vigore; attraverso la divina Scrittura essa non accoglie soltanto una parola umana, ma quello che è realmente: Parola di Dio (Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 104). La Chiesa nasce dallo Spirito Santo e cresce grazie allo Spirito. Infatti, lo Spirito Santo con la forza del Vangelo fa ringiovanire la Chiesa e continuamente la rinnova (cfr. Lumen Gentium 4).

Anche l’evangelizzazione è generata dall’azione dello Spirito. Infatti, Papa Francesco ci ricorda che si può evangelizzare soltanto sotto la forza dello Spirito del Risorto: senza lo Spirito neppure le strategie pastorali più raffinate servono. E’ lo Spirito che ci spinge ad alzarci, incontrare, annunciare e discernere e a vivere la sinodalità come forma alta di ecclesialità.

Il “cammino sinodale” della Chiesa italiana, quest’anno, ci invita con “I Cantieri di Betania” a proseguire nell’impegno di incontrare, ascoltare e discernere. La Settimana Biblica si colloca in questo solco come “occasione propizia” nella quale poter attingere un solido nutrimento per la nostra vita di fede e una linfa vitale per la nostra testimonianza nel mondo. Il Sinodo, infatti, ci esorta a vivere i tre atteggiamenti dell’incontrare, dell’ascoltare e del discernere non solo all’interno delle nostre comunità, ma soprattutto fuori di esse, condividendo nel dialogo il dono del Vangelo con quanti, pur non appartenendo alla comunità ecclesiale, insieme a noi abitano la città.

La Chiesa, mentre sente forte l’urgenza di annunciare con nuovo entusiasmo il Vangelo, può avvertire anche un certo timore a farlo in una società plurale e complessa come è quella in cui viviamo. Questa constatazione, però, non deve generare né paura né chiusure, ma deve invece essere vista come un’opportunità che il Signore ci dona per ritrovare le ragioni profonde della nostra fede e per individuare le scelte pastorali più idonee per comunicare il Vangelo nel nostro tempo, anche se sembra indifferente ed impermeabile ai valori del Regno di Dio. Non possiamo fuggire da questa responsabilità. Ci siano di incoraggiamento le parole di San Paolo: “Guai a me se non predicassi il Vangelo!” (1 Cor 9,16).

Papa Francesco, inoltre, ci ricorda che “il Signore semina spesso la sua Parola. Chiede soltanto un cuore aperto per ascoltarla e della buona volontà per metterla in pratica. (…) Le due condizioni per seguire Gesù, sono: ascoltare la Parola di Dio e metterla in pratica” (Cfr. Papa Francesco, Meditazione nella messa del 23 settembre 2014). Nell’Evangelii gaudium il Santo Padre ci rafforza nella certezza che “ogni parola della Scrittura è prima di tutto un dono, prima di essere un’esigenza” e che si deve accogliere la Parola con un cuore docile e orante (cfr. EG, 142, 149).

Con questi sentimenti vi invito a partecipare alla prossima Settimana Biblica Diocesana il cui tema è

“L’IMPEGNO PER LA CITTA’ DEGLI UOMINI IN LUCA”.

Don Pasquale Basta, Docente di Sacra Scrittura presso la Pontificia Università Urbaniana in Roma, ne ha curato l’impianto e l’articolazione tematica. La Settimana Biblica è rivolta a tutti: sacerdoti, religiosi e religiose, diaconi, operatori pastorali e fedeli. Gli incontri si svolgeranno a Rionero in Vulture, presso la Chiesa Madre, a partire dalle ore 18:30, secondo il seguente programma:

  • Lunedì 14 novembre 2022: Istruzioni sulla preghiera (don Pasquale Basta);
  • Martedì 15 novembre 2022: Il tema della ricchezza (don Gerardo Cerbasi);
  • Mercoledì 16 novembre 2022: Il Vangelo nella città: rifiuto e accoglienza (padre Tony Leva);
  • Giovedì 17 novembre 2022: Il rapporto con il potere politico (don Mimì Santomauro);
  • Venerdì 18 novembre 2022: L’onore e la vergogna: il sovvertimento dei valori della cultura grecoellenistica: povertà, umiltà e croce (don Pasquale Basta).

Il tema della Settimana Biblica ci aiuterà sia ad inserirci nel percorso pastorale di quest’anno, “Abitare insieme la città da discepoli del Risorto”, e sia ad attuare il secondo anno del “cammino sinodale”, consapevoli che, come diceva San Giovanni Paolo II, “la santità diventa una urgenza pastorale. Il primato della santità e della preghiera è concepibile soltanto a partire da un ascolto rinnovato della Parola di Dio. […] E’ necessario che l’ascolto della Parola diventi un incontro vitale”.

In attesa di poterci incontrare personalmente a Rionero, nella Chiesa Madre, vi saluto con affetto ecclesiale.

Melfi, 6 novembre 2022.

+ Ciro Fanelli
Vescovo

V ANNIVERSARIO DI INIZIO MINISTERO DEL VESCOVO CIRO

Nel giorno del V anniversario dall’ingresso in diocesi di S. E. Mons. Ciro Fanelli, grata al Signore, la Chiesa diocesana tutta rivolge al suo Pastore un augurio speciale perchè possa continuare ad amare e servire questa porzione di popolo che gli è stata affidata e, nella preghiera, chiede al Signore di concedere al Vescovo Ciro di continuare ad essere maestro fedele alla dottrina, sacerdote dei divini misteri, servo e guida dei fratelli.

ASSEMBLEA DIOCESANA DI AZIONE CATTOLICA

Parole per noi, parole per tutti

Sabato 5 Novembre 2022 alle ore 17:30 presso il centro “Hospitalis” di Melfi si terrà l’assemblea diocesana di Azione Cattolica.