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MESSAGGIO DEL VESCOVO PER IL NUOVO ANNO 2021

PRENDIAMO IN MANO IL “TIMONE DELLA DIGNITÀ DELLA PERSONA” PER NAVIGARE SICURI NEL MARE DELLA STORIA

CIRO FANELLI

VESCOVO DI MELFI–RAPOLLA-VENOSA

 

Carissimi fratelli e sorelle,

  1. Iniziare con Maria il nuovo anno per ravvivare la Speranza

Il nuovo anno, mentre ci fa ancora considerare con sofferenza e preoccupazione la lunga e dolorosa vicenda della pandemia, che ha segnato inaspettatamente tutto il 2020, ci spinge ad iniziare ora con rinnovata fiducia un nuovo corso sotto lo sguardo rassicurante di Maria, Madre di Dio e madre della tenerezza e della speranza. Con Maria accanto, ci insegnano la Sacra Scrittura e la Tradizione viva della Chiesa, ogni cosa si protende con sicurezza verso le grandi novità di Dio: con Maria, infatti, Dio ha inaugurato il vero nuovo inizio per l’umanità redenta. Sotto lo sguardo di Maria, che accompagna con la sua materna intercessione tutti gli inizi, nasce sempre il nuovo di Dio; sotto il suo sguardo materno, tenero e forte, dobbiamo imparare a credere che ogni cammino fatto con Dio è sempre orientato verso la nostra piena e sicura realizzazione. In questa luce vogliamo augurarci “buon anno”: augurarsi “buon anno” è sempre una cosa bella! Ma lo è soprattutto in questo momento difficile che stiamo ancora vivendo a causa della pandemia. In questo giorno, che segna l’inizio di un tempo nuovo   –  ricco per tutti di auspici e desideri, ma ancora purtroppo bloccato da paure e preoccupazioni –     penso a tutti, ma in modo particolare alle tante persone e alle tante famiglie che hanno sofferto e soffrono per i mali causati dal Covid-19: danni alla salute, problemi economici e sociali; lutti, disagi psicologici, perdita di lavoro, mancanza di piena socializzazione. Penso anche ai nostri anziani, ai nonni, che sono stati aggrediti dalla pandemia.

  1. Risvegliare la responsabilità di ognuno per garantire una vita buona per tutti

Augurarsi “buon anno” in questo 1° gennaio 2021, oltre ad essere una cosa bella, è anche una cosa doverosa. Per un cristiano, quest’augurio non può ridursi ad un auspicio soltanto verbale, che si ferma ad attendere in modo passivo tempi migliori. Per il cristiano augurarsi “buon anno” deve significare anche coinvolgimento della volontà e della responsabilità: il nuovo anno deve vederci – dopo che le ginocchia si sono piegate nella preghiera vera –  pronti a coniugare il dono di Dio con il nostro impegno personale a vivere secondo il suo stile, che risplende nel mistero della natività di Gesù. In questo dono di Dio è incluso sicuramente il tempo, ma ci sono anche lo spazio, che siamo chiamati ad abitare, e le molteplici relazioni, che intessiamo quotidianamente. Pertanto, nell’augurarci “buon anno” in questo 1° gennaio 2021 dobbiamo avere particolarmente davanti agli occhi la famiglia di Nazareth: Maria, Giuseppe e il Bambino Gesù. Questa meravigliosa icona, profondamente umana, ci esorterà a fare nostro l’atteggiamento dei suoi componenti:  ci spronerà, infatti, a cercare e a riconoscere il dono di Dio sempre presente nella nostra vita, spesso velato nelle difficoltà, e ad impegnarci, per quanto è in nostro potere, a fare tutto affinché questo “dono” venga custodito e possa fruttificare. L’anno buono ci sarà! E’ una certezza di fede, non un semplice auspicio; ma questa bontà del tempo che verrà sarà realtà concreta se tu e io avremo occhi buoni nel riconoscere il bene, per farlo crescere, e il male, per denunciarlo; l’anno buono ci sarà se tu ed io avremo parole buone che edificano la fraternità e promuovono rapporti veri, giusti, liberi; l’anno buono ci sarà se tu ed io impareremo a condividere ciò che abbiamo con chi non ha; l’anno buono ci sarà se tu ed io avvieremo percorsi di riconciliazione, di guarigione, di dialogo, di inclusione.

  1. Testimoni e profeti della cultura della cura e della pace.

Il Signore, nella sua grande misericordia, in questo nuovo inizio del nostro cammino, non ci lascerà soli; anche se la nebbia della pandemia, purtroppo, ci sarà per un periodo ancora indefinibile, non mancheranno però i segnali luminosi con i quali Dio costella continuamente il percorso della vita umana; infatti, tutti i segnali di Dio – ci insegna la Sacra Scrittura –  si riassumono in un’unica grande indicazione: “Ama! Ama ogni uomo come tuo fratello; amalo, non con le parole soltanto, ma con i fatti e nella verità!”. La pandemia, e gli altri eventi che hanno segnato dolorosamente il cammino dell’umanità nel 2020, sottolinea Papa Francesco nel Messaggio per la 54a Giornata Mondiale della Pace di questo 1° gennaio 2021 “ci insegnano l’importanza di prenderci cura gli uni degli altri e del creato”; Papa Francesco insiste anche in questo Messaggio nel dirci che “per costruire una società giusta e pacificata dobbiamo fondare tutto su rapporti di fratellanza”.  Il tema è infatti chiaro ed incisivo: “La cultura della cura come percorso di pace”. Servono, in molte parti del mondo, ripete il Papa, “percorsi di pace”; oggi più che mai sono necessarie scelte che aiutino a rimarginare le tante ferite. Il mondo, la Chiesa, la società, i nostri paesi, le varie realtà in cui viviamo hanno bisogno non di ‘dinamitardi’ della diffidenza e dell’indifferenza, della maldicenza e dell’apatia, ma di instancabili ‘artigiani’ di pace e di tenerezza, di compassione e di solidarietà, disposti ad avviare concreti processi di guarigione e di rinnovato incontro con ingegno e audacia. Oggi, insiste Papa Francesco, dobbiamo sentirci tutti incoraggiati a diventare “profeti e testimoni della cultura della cura, per colmare le tante disuguaglianze sociali”. Il Papa, dunque, all’inizio di questo nuovo anno 2021, ci fa capire con grande chiarezza che, nella barca dell’umanità, “nessuno si salva da solo”. Questa barca, però, può “navigare con una rotta sicura e comune” solo col “timone della dignità della persona” e la “bussola dei principi sociali fondamentali”. Solo così possiamo uscire sani e salvi dalle diverse tempeste esistenziali e sociali; solo così possiamo uscire fuori dal buio labirinto del pessimismo e dell’egoismo, personale e comunitario. La sfida è sicuramente impegnativa, l’impegno è indubbiamente grande, ma anche esaltante e necessario. La sfida che ci sta davanti è dunque anche bella; è la sfida ad umanizzare il mondo, in tutte le sue dimensioni, dalla famiglia ai rapporti tra gli Stati.

  1. La famiglia di Nazareth: un modello per “ri-umanizzare” il mondo

Umanizzare il mondo significa rendere il mondo quello che deve essere: comunità di fratelli. Per noi credenti lo stile con il quale dobbiamo agire  per realizzare questa umanizzazione è tutto racchiuso in quest’icona meravigliosa della famiglia di Nazareth. Credere, significa tante cose, ma soprattutto è la capacità di mettersi “insieme” come umana fraternità nelle mani di Dio, con i sentimenti di Maria e di Giuseppe di Nazareth, affinché il sogno di Dio si concretizzi sempre di più. Imitare la famiglia di Nazareth è camminare nella luce. “Camminare nella luce”, come ci ricorda l’Apostolo San Giovanni, nelle sue lettere, è lo stile del vero discepolo di Gesù. La “luce nella quale dobbiamo sempre camminare insieme per “vivere riconciliati” è quella dell’amore e della pace, del perdono e del servizio, della verità e della giustizia. Una certezza deve accompagnarci sempre: la luce nuova, che è Cristo stesso, non è stata vinta e non sarà mai vinta dalle tenebre; questa “luce” nuova fa crescere la fraternità e la cura per l’altro. Questa “luce” siamo anche noi in comunione con Lui e in comunione tra noi. L’intensità di questa “luce” cresce nella misura in cui ci nutriamo di Vangelo e ascoltiamo con docilità la voce intima della coscienza che ci dice ama e fa il bene, fuggi il male.

Concludo con queste belle parole di San Paolo VI, che vi consegno come augurio e come indicazione operativa: “Oh, se rinascesse in noi la stima del silenzio, atmosfera ammirabile ed indispensabile dello spirito: mentre siamo storditi da tanti frastuoni, rumori e voci clamorose nella tumultuosa ed esagitata vita del nostro tempo. Oh, silenzio di Nazareth, insegnaci ad essere fermi nei buoni pensieri, intenti alla vita interiore, pronti per ben sentire le segrete ispirazioni di Dio”. Buon anno a tutti.

Melfi, 1° gennaio 2021 – Solennità di Maria SS. Madre di Dio.

+ Ciro Fanelli

Vescovo

GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

“La cultura della cura come percorso di pace”

DIOCESI DI MELFI-RAPOLLA-VENOSA

L’Azione Cattolica, la Caritas , l’Ufficio di pastorale per i problemi sociali ed il lavoro e Pax Christi della diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa consapevoli che il valore della pace è troppo prezioso affinchè diventi un bene da condividere giorno dopo giorno – in cammino con le donne e gli uomini di buona volontà – nelle parrocchie e nella diocesi, in accordo con il  Vescovo S.E. Fanelli, accolgono l’invito del Comitato organizzatore della Marcia Nazionale per la Pace di fine anno, costituito dalla Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, dalla Caritas Italiana, dall’Azione Cattolica Italiana e da Pax Christi Italia, a vivere quest’anno in maniera diversa il tradizionale appuntamento del 31 dicembre. Con l’unica preoccupazione del bene comune del nostro Paese e con la volontà di testimoniare la pace anche attraverso la disponibilità a prenderci cura della salute e della vita delle persone, il Comitato non intende rinunciare a fare proprio il Messaggio che papa Francesco ha offerto per la 54^ Giornata Mondiale della pace del 1° gennaio 2021 (“La cultura della cura come percorso di pace”). Per questo motivo, mercoledì 30 dicembre alle ore 18.00 è stato predisposto un webinar di riflessione e testimonianze sul tema della pace che sarà trasmesso in diretta sulla pagina Facebook e sul canale You tube della Conferenza Episcopale Italiana. L’invito da parte del Vescovo e da parte nostra a tutti: singoli, famiglie, comunità, gruppi, associazioni e movimenti è di non lasciare cadere nel vuoto questa occasione per vivere un impegno, per educarci ad essere “architetti e artigiani” di pace.

30 dicembre ore 21.00 su TV 2000 da Altamura

ROSARIO PER LA PACE

con Mons. Giovanni Ricchiuti, presidente Pax Christi

 

AUGURI DI BUON ANNO

“…Tutti insieme collaboriamo per avanzare verso un nuovo orizzonte di amore e di pace, di fraternità e di solidarietà, di sostegno vicendevole e di accoglienza reciproca…” (Papa Francesco – Messaggio Giornata Mondiale della Pace 2021)

AUGURI

DECEDUTO DON MICHELE FAVULLO

DIOCESI DI MELFI RAPOLLA VENOSA

CURIA VESCOVILE

 

IL VESCOVO MONS. CIRO FANELLI, IL COLLEGIO DEI PRESBITERI E DEI DIACONI I RELIGIOSI E LE RELIGIOSE, UNITI ALLA COMUNITA’ PARROCCHIALE SANT’ANTONIO IN LAVELLO ANNUNCIANO LA PASQUA DEL PRESBITERO

DON MICHELE FAVULLO

PARROCCO DELLA PARROCCHIA SANT’ANTONIO IN LAVELLO

E NE RICORDANO IL GENEROSO, FEDELE E LUNGO SERVIZIO PASTORALE ED ECCLESIALE SVOLTO NELLA DICOESI DI MELFI-RAPOLLA-VENOSA

IL SIGNORE GESU’ ETERNO PASTORE SIA IL SUO PREMIO NELLA GERUSALEMME CELESTE

Melfi 20 Dicembre 2020

LETTERA DEL VESCOVO PER L’AVVENTO

Lettera per l’Avvento

 Figli e fratelli

Riscoprire un dono
per vivere con gioia e fedelta’ l’Avvento
In tempo di Covid-19

 

Carissimi fratelli e sorelle,

  1. “Le festività della Chiesa certo rammentano fatti trascorsi, ma sono anche ‘presente’, attuazione viva; poiché ciò che è accaduto una volta nella storia, deve farsi continuamente evento nella vita del credente. Allora è venuto il Signore, per tutti; ma Egli deve venire sempre di nuovo per ciascuno. Ognuno di noi deve sperimentare l’attesa, ognuno l’arrivo, perché gliene nasca la salvezza” (R. Guardini). Un aiuto importante nel tempo di Avvento per vivere nel qui ed ora della nostra storia l’attesa e la vigilanza, accanto alla carità, è la preghiera liturgica. Quest’anno l’Avvento inizia con un dono: il testo della nuova traduzione  del Messale Romano. E’ un dono importante, da accogliere e da valorizzare come aiuto efficace per rendere più viva la partecipazione all’Eucaristia e per aiutarci a riscoprila come fonte e culmine della nostra vita (cfr. SC 10). Questo tempo liturgico è anche un’opportunità per puntare sull’essenziale della nostra fede: la nostra identità di figli di Dio e di fratelli tra noi (Rm 8, 15-17; 1 Cor 10, 17). Vivere da fratelli è anche il grande invito che recentemente Papa Francesco, attraverso l’enciclica “Fratelli tutti”, ha rivolto ai credenti e agli uomini di buona volontà.

Avvento: il tempo per imparare ad amare

  1. La nostra Diocesi non solo accoglie questo invito del Papa, ma – alla luce del progetto pastorale “Capire e vivere il Battesimo” – desidera impegnarsi a riscoprire il dono della figliolanza divina e della fraternità derivanti dal Battesimo. Vi invito, pertanto, a sentire forte questo compito e vi esorto a trasformare questo tempo liturgico dell’Avvento in una scuola di vera fraternità dove tutti dobbiamo imparare ad amare! Il tempo di Avvento è, infatti, l’occasione propizia per verificare l’autenticità del nostro desiderio di Dio e la concretezza del nostro amore verso il prossimo. Con l’Avvento, aiutati dalla liturgia, dobbiamo andare incontro al Dio che è venuto nella storia, che viene nel quotidiano, che verrà alla fine dei tempi e che ora ci guida sulle strade dell’amore gratuito. Lungo questi sentieri la Speranza è la virtù che può darci la forza per vincere le pigrizie e superare le paure:  “Viviamo una fase complessa della storia mondiale, che può anche essere letta come una rottura rispetto al passato, per avere un disegno nuovo, più umano, sul futuro” (Consiglio permanente della CEI, Messaggio alle comunità cristiane in tempo di pandemia, 22 novembre 2020). La Speranza, infatti, quando entra nella nostra vita ci apre al futuro che Dio prepara e ci sostiene nel vivere il tempo presente secondo la sua logica, facendoci tenere gli occhi aperti sulle necessità e le sofferenze dei fratelli.

Lottare e vigilare per amare

  1. Non possiamo far finta di “non vedere” la gravità del momento presente; non possiamo girare semplicemente lo sguardo altrove. Papa Francesco ci ricorda che l’impatto con gli effetti della pandemia impone l’esigenza di pensare insieme un “piano di risurrezione”, morale e sociale, spirituale e culturale, personale ed economica. Non ci si salva da soli. In questo cammino è fondamentale l’aiuto che possiamo avere dalla Parola di Dio. Il Vangelo del nuovo anno liturgico, Marco, è il Vangelo del catecumeno, del discepolo che vuole crescere nella fedeltà al suo Signore. Marco, come abbiamo sottolineato nella Settimana Biblica diocesana, è “il Vangelo di una notte e il Vangelo per la vita”. Marco, è, infatti, il Vangelo del cristiano che vuole essere, a partire dal dono battesimale, un lottatore. Lottare è anche vigilare (cfr. Ef 6, 11-17): essere attenti a cogliere le occasioni per amare i fratelli e per lasciarci amare da Dio come figli. Il capitolo 25 del Vangelo secondo Matteo è emblematico per cogliere la fecondità di questo scambio d’amore che ci fa crescere come uomini e come credenti: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi”. Non dobbiamo dimenticare che “alla sera della vita saremo giudicati sull’amore”. Valorizziamo, pertanto, tutte le occasioni di amore che il Signore ci dona per sentirci “figli di Dio” e per vivere da “fratelli”! Non lasciamoci stordire dalla distrazione o dalla superficialità.

 Vincere l’indifferenza

  1. Lo sguardo del cristiano, che con il Battesimo sa di essere diventato figlio amato dal Padre, è orientato ad accorgersi che gli altri non sono degli estranei, da cui difendersi o da ignorare, ma dei fratelli da accogliere e da amare. Con l’Avvento, dice Papa Francesco, dobbiamo alzare lo sguardo verso il cielo, ma senza staccare i piedi dalla terra: “La persona attenta si rivolge (…) anche al mondo, cercando di contrastare l’indifferenza e la crudeltà presenti in esso, e rallegrandosi dei tesori di bellezza che pure esistono e vanno custoditi. (…) Essere attenti ed essere vigilanti sono le condizioni per permettere a Dio di irrompere nella nostra esistenza, per restituirle significato e valore con la sua presenza piena di bontà e di tenerezza” (Angelus del 3 dicembre 2017).

Dio è più forte di tutto

  1. Affermare questi atteggiamenti comporta una lotta, innanzitutto con noi stessi. Anche la pandemia, tra le tante dure lezioni che ci sta impartendo, ci ricorda con crudezza che la vita è una lotta, tutta intessuta di gioia e di dolore, di luce ma anche di buio. In questo senso la vita è un combattimento. In questa lotta il cristiano deve entrare con le armi della salvezza (cfr. Ef 6, 11-16). Papa Francesco, nella prima domenica di Avvento del 2015, dalla Cattedrale del Bangui, affermò che: “Dio è più potente e più forte di tutto. Questa convinzione dà al credente serenità, coraggio e la forza di perseverare nel bene di fronte alle peggiori avversità. Anche quando le forze del male si scatenano, i cristiani devono rispondere all’appello, a testa alta, pronti a resistere in questa battaglia in cui Dio avrà l’ultima parola. E questa parola sarà d’amore e di pace!” (Omelia nella Prima Domenica di Avvento nella Cattedrale di Bangui, 29 novembre 2015).

Camminare nella gioia

  1. In questo cammino, illuminato dalla luce della Parola di Dio, la cosa più importante da realizzare è l’incontro personale con il Signore. Nel dialogo con Lui scopriremo in maniera vivida che siamo suoi figli e fratelli tra noi. Fare questa scoperta è vitale se vogliamo dare vigore alla nostra identità di battezzati e al nostro impegno nel mondo a favore dei più deboli e fragili, che purtroppo restano confinati nelle “periferie esistenziali” costruite dagli egoismi individuali e sociali. Accompagnati dalla Liturgia, utilizzando in tutte le sue possibilità la nuova edizione in lingua italiana del Messale Romano, possiamo riuscire meglio a raggiungere questo obiettivo, tenendo insieme i ritmi comunitari del rito e la dimensione spirituale di un’ascesi personale segnata dalla gioia. Il ritmo liturgico del cammino di Avvento trova nella Parola di Dio delle quattro domeniche il proprio nucleo sostanziale che è caratterizzato da una forte tensione verso la gioia dell’incontro con il Signore che viene. Le letture bibliche delle domeniche di Avvento ci ricordano soprattutto che siamo chiamati ad allenarci nell’attesa della venuta del Signore alla fine dei tempi (I domenica) per imparare dalla figura del Battista a riconoscerlo già presente nel qui ed ora e a testimoniarlo nella gratitudine e nella gratuità (II e III domenica). Nella prospettiva della liturgia d’Avvento anche gli antefatti immediati della nascita di Gesù ci indicano uno stile e una molteplicità di atteggiamenti che devono caratterizzare la vita del cristiano di tutti i tempi (IV domenica). Tutti i brani evangelici delle domeniche d’Avvento, letti nella luce del discepolato e della missione (cfr. EG 24), ci portano a risvegliare la fondamentale vocazione che sgorga dal Battesimo: quella di essere chiamati a realizzare, secondo la logica dell’Incarnazione, in quanto figli, la Parola per la propria salvezza, e per la salvezza di tutti, in quanto fratelli.

La “casa” scuola delle virtù semplici

  1. Il mistero dell’Incarnazione non orienta però i nostri passi verso il Tempio di Gerusalemme, ma ci conduce in una casa, nella casa di Maria di Nazareth (cfr. Lc 1, 26-38). La storia della salvezza si concretizza, per così dire, in una casa (cfr. Lc 1, 26). Anche in questo Avvento 2020, Maria ci invita ad entrare nella sua casa per imparare da Lei a rendere le nostre case luogo fecondo per crescere nella figliolanza e nella fraternità. La casa, perciò, non deve essere vissuta come una fuga dalle nostre responsabilità, ma come fucina di vita nuova, ridiventando il luogo in cui rigustare la bellezza di essere “famiglia” e “piccola Chiesa”! Le restrizioni sanitarie ci impongono di stare maggiormente nelle nostre case per rallentare il contagio, ma non fermiamoci in casa soltanto perché “costretti”, dimoriamo invece in esse per attendere come Maria, da figli e da fratelli, la visita del Signore (cfr. Lc 1, 78), che è già presente nei nostri cuori e attende di uscire attraverso i nostri gesti di fraternità per incontrare chi è in situazioni di bisogno. Con disponibilità di cuore accogliamo il recente invito del Consiglio Permanente della CEI a fare l’esperienza che “le ristrettezze possono divenire un’opportunità per accrescere e qualificare i momenti di preghiera nella Chiesa domestica; per riscoprire la bellezza e la profondità dei legami di sangue trasfigurati in legami spirituali. Sarà opportuno favorire alcune forme di raccoglimento, preparando anche strumenti che aiutino a pregare in casa” (Consiglio permanente della CEI, Messaggio alle comunità cristiane in tempo di pandemia, 22 novembre 2020). Risvegliamo, dunque, in questo tempo di Avvento, l’esigenza di rientrare in casa per crescere con Maria nelle virtù semplici (premura, affabilità, discrezione, bonarietà, generosità, ecc. …) e per imparare da Lei a vigilare, a pregare, a preparare, ad accogliere, a gioire. L’evangelista Giovanni, con un’espressione molto bella e profonda, ci rivela che Dio dona a quanti accolgono Gesù la gioia e la possibilità di essere suoi figli (cfr. Gv 1, 12). Infatti, la vera casa di cui Dio è alla ricerca sono i cuori delle persone. “Accogliere” è l’altra dimensione dell’attesa a cui ci richiama l’Avvento; accogliere è fare spazio. Come Maria, “modello perfetto” della vita cristiana, accogliamo Gesù! A Maria, con le parole di Papa Francesco, diciamo: O Madre, Vergine dell’Avvento, aiutaci ogni giorno con la tua intercessione e con il tuo esempio, a non considerarci proprietari egoistici della nostra vita, a non fare resistenza quando il Signore viene per cambiarla, ma ad essere pronti a lasciarci visitare da Lui, ospite atteso e gradito anche se sconvolge i nostri piani! Donaci, o Madre, ogni giorno di saper scoprire strade nuove per essere discepoli fedeli di Gesù e missionari instancabili del suo Vangelo. Con i Vescovi del Consiglio Permanente della CEI invito tutti a ripetere con l’Apostolo Paolo: “Siate lieti nella speranza, costanti nella tribo­lazione, perseveranti nella preghiera” (Rm 12,12). Buon cammino di Avvento!

Melfi, 27 novembre 2020 – Memoria della B.V. Maria della Medaglia Miracolosa.

+ Ciro Fanelli