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La solitudine di Gesù nella Passione

RIFLESSIONI DI MONS. FANELLI PER LA DOMENICA DELLE PALME

Carissimi,

 Un disegno di salvezza e un progetto d’amore

  1. “Ora si compie il disegno del Padre, fare di Cristo il cuore del mondo”: queste parole di una delle antifona della Liturgia delle Ore ci aiutano a cogliere negli eventi della vita di Cristo un disegno di salvezza (cfr. Ef 3, 5 e ss), che è un progetto d’amore (cfr. Gv 3, 16) che abbraccia la vita di tutti gli uomini di tutti i tempi (cfr. Ef 1, 3) e che raggiunge anche la nostra generazione duramente provata dalla pandemia.

Ci raggiunge in un tempo di grande dolore per le tante vittime e di preoccupazione sia per il numero elevato dei contagi e sia per la difficile situazione in cui si trovano tante famiglie che vedono diminuire la sicurezza del lavoro (cfr. EG 192).
Con questa celebrazione – che a causa delle restrizioni imposte per contenere la pandemia stiamo vivendo con grande sofferenza senza concorso di popolo –   entriamo nei giorni “santi” della passione in cui Dio, nel suo Figlio Unigenito, muore affinché tutti gli uomini abbiano, già su questa terra, la gioia della vita vera (Gv 10, 8; 15, 11).
I giorni della passione – forse anche perché celebrati in questo contesto surreale creato dalla pandemia –   sono i giorni in cui mi ritornano alla mente, con particole stridore, le parole del folle di cui parla il filosofo Nietzsche in “Gaia scienza” che si illudeva di veder nascere dalla morte di Dio, l’uomo nuovo, il super uomo. Così dice il filosofo:
“In un luminoso mattino il folle piomba in piazza del mercato con la sua lampada gridando: «Dov’è andato Dio? Noi lo abbiamo ucciso, voi e io!… Le nostre mani grondano del suo sangue. Non sentite il lezzo della sua putrefazione? Dio è morto e resterà morto!… Chi uccide Dio diventerà Dio lui stesso!”.
Dio è morto, dice il folle! Ma le sue parole, mentre pretendono – illudendosi – di affermare e inaugurare definitivamente la morte dell’idea di Dio o della possibilità di pensarne l’esistenza, in realtà annunciano una vera tragedia legata ad un’altra verità, che l’uomo purtroppo sperimenta ogni qualvolta cancella deliberatamente Dio dal suo orizzonte: quando si cancella Dio si apre la via all’auto-distruzione dell’uomo stesso! Tanto che si può affermare con il riscontro della storia che uccidere Dio è il più terribile dei suicidi, in quanto dove Dio muore, muore l’uomo (R. Cantalamessa). Dio, infatti, muore ogni qual volta l’uomo, ogni uomo, è calpestato nella sua dignità!

La cronaca di una tragica morte e l’annuncio di salvezza

  1. L’evangelista Matteo nel lungo racconto della Passione, se da una parte è attento ad offrirci la verità storica di fatti della passione e morte di Gesù, ovvero la fedele narrazione delle circostanze della crocifissione, dall’altra vuole mostrarci che questa verità storica è strettamente legata all’annuncio di salvezza e di misericordia che sta al centro del cristianesimo. Il racconto della Passione è, infatti, il grande kerigma d’amore e di grazia manifestato da quei tragici fatti realmente accaduti a Gesù nella città santa di Gerusalemme sotto Ponzio Pilato.

Il racconto della Passione è sia annuncio del kerigma di salvezza e sia manifestazione e rivelazione del vero senso della storia; al centro del messaggio cristiano c’è la certezza che è Cristo crocifisso che guida la storia, anche la nostra storia, nel qui ed ora di questo tempo di pandemia, caratterizzato da dolore, paura e preoccupazione.
La morte di Gesù è una morte infamante, premeditata e deliberata. Gesù giunge a questa morte in una profonda solitudine: egli è solo; solo in balia di soldati, che contro di lui sfogano tutta la loro rabbia e la loro crudeltà.
Ma la crocifissione non è mai presentata dai Vangeli come un evento tragico che Gesù subisce passivamente! Egli, rappresentante dell’umanità umiliata e offesa, va liberamente verso la morte, offrendo la sua vita innocente in riscatto per tutti, quale segno di adesione totale alla volontà del Padre e di amore per l’umanità.
Gesù muore per la nostra salvezza: nessuno gli toglie la vita, ma è Gesù stesso che la offre da se stesso, perché egli ha il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo (cfr. Gv 10, 18). Il verbo offrire è la “cifra” per comprendere la sua morte. Nel suo morire Gesù realizza pienamente la sua missione di pastore di Israele: proprio attraverso l’immolazione della croce “egli si rivela come il vero pastore: “Io sono il buon pastore… Io offro la mia vita per le pecore”, dice Gesù di se stesso (Gv 10, 14 e ss.). “Ma Gesù va oltre, egli, il Dio vivente, è divenuto lui stesso agnello, si è messo dalla parte degli agnelli, di coloro che sono calpestati e uccisi” (cfr. Benedetto XVI, Omelia in occasione della santa messa per l’inizio del ministero petrino di vescovo di Roma, 24 aprile 2005).

 Sequenze di una morte violenta

  1. Il racconto della passione secondo Matteo è scandito in sette sequenze che fotografano gli snodi essenziali del drammatico e perverso gioco a cui Gesù fu sottoposto dal potere giudaico, da Pilato e – quasi in un crescendo di incoscienza – dalla folla di Gerusalemme, che lo aveva accolto osannante.

Ecco le sette sequenze:

  • I trenta danari: il prezzo di un tradimento e di una ingiustizia;
  • La cena, l’ultima, che ha sulla mensa il pane delle parole dette da Gesù, che sono più di un testamento, sono rivelazione di senso e profezia di vita nuova;
  • Il Getsemani: luogo della preghiera e del dolore, ma soprattutto luogo della decisione;
  • Il Sinedrio, teatro di un potere religioso, corrotto e compromesso, che mette in scena una cinica farsa orchestrata contro la verità e la misericordia;
  • Il tribunale di Pilato, spazio della vigliaccheria elevata a difesa di un potere di menzogna e di ingiustizia;
  • La crocifissione, la morte violenta di un uomo giusto nella solitudine e nell’abbandono più profondo;
  • La tomba, che fa paura a chi costruisce il suo potere sulla menzogna, sulla corruzione e sulla violenza.

 Gesù solo, ma libero
4. La narrazione della passione è il racconto della morte violenta e cruenta del Maestro di Galilea, uomo giusto e innocente; lasciato solo, da tutti; ma la morte di Gesù di Nazareth è una morte che, per le modalità con cui Gesù l’ha accolta ed offerta, ha cambiato il volto della morte (R. Cantalamessa). Questa è la ragione per la quale, fino alla consumazione dei secoli, la morte di Gesù verrà sempre ricordata, nonostante le nostre umane banalizzazioni e superficialità che, purtroppo, ci caratterizzano nell’approccio a questo grande mistero.
La morte di Gesù è il momento più alto di senso e di autoconsapevolezza della sua vita; quella tragica morte trova piena luce solo dalla sua stessa vita: dalle sue parole e dalle sue opere. L’uomo crocifisso è, infatti, colui che ha rivelato che Dio è Padre, che Dio è amore; quel crocifisso è l’uomo che “passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui” (At 10, 38), è il Maestro che con la sua parola e con le sue opere ha aperto all’umanità la porta della vera vita e della gioia piena (cfr. Gv 10, 8; 15, 11) ed ha “donato” ai suoi discepoli il grande comandamento dell’amore (cfr. Gv 15, 12).
Gesù nelle ore della passione è presentato dagli evangelisti come l’uomo lasciato solo. Egli è solo già nel momento in cui viene accolto trionfalmente dalla folla di Gerusalemme. La solitudine di Gesù è il filo rosso che attraversa tutti i momenti della passione.
Ma perché Gesù è solo?
Egli è solo innanzitutto perché sente l’amarezza del tradimento da parte dei suoi discepoli, a cui egli non ha fatto mai mancare nulla e che aveva amato sempre con la tenerezza e la premura di una madre. Infatti, Gesù viene tradito proprio da coloro che egli aveva curato come un buon pastore, che stringe al suo petto le pecore del suo gregge, specialmente quelle ferite e deboli. In questa amara solitudine Gesù si è lasciato accompagnare dalle parole del salmo: Anche l’amico in cui confidavo, anche lui, che mangiava il mio pane, alza contro di me il suo calcagno” (Sal 40, 10).
Gesù è solo, anche perché sente gravare sulle sue spalle innocenti il macigno dell’ingiusta condanna.
 Ma Gesù è solo anche perché avverte l’ingratitudine di tutti, che ha trasformato gli amici e i confidenti in avversari: “amici e confidenti, hanno levato il calcagno contro di Lui; se mi avesse insultato un nemico, l’avrei sopportato; se fosse insorto contro di me un avversario, da lui mi sarei nascosto. Ma sei tu, mio compagno, mio amico e confidente; ci legava una dolce amicizia, verso la casa di Dio camminavamo in festa” (Sal 54,15).

 La solitudine di Gesù ci coinvolge e ci interpella

  1. La solitudine di Gesù nelle ore della Passione non è soltanto storica e psicologica, ma è anche una solitudine “mistica”, che ci coinvolge e ci interpella. Questa solitudine mistica di Gesù deve essere colmata dalla posizione che noi oggi assumiamo rispetto alla sua croce! La croce che accoglie “l’uomo dei dolori” invoca accanto sé la consolante presenza di amici veri perché è gesto supremo di amore gratuito: “ Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.  Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi!” (Gv 15, 13-15).

La vita cristiana è nella sua essenza più profonda intimità con Cristo; essa cresce e si rafforza nella misura in cui questa intimità con Gesù genera gli atteggiamenti contrapposti a quelli che hanno determinato la tragica solitudine della passione: la fedeltà, la giustizia, la gratitudine.
Questa dinamica è propria della vocazione cristiana, che come quella dei primi apostoli di Gesù (Gv 1, 35-51), è aspirazione a vivere in amicitia Christi (Beato Aelredo di Rievaulx).
La vita cristiana è anelito ed esperienza ad “abitare con il Maestro” (Gv 2, 38-39) insieme ai fratelli come in una comunità di amici. La capacità di accoglienza universale di ogni uomo e di ogni donna ne è il frutto maturo. L’accoglienza dell’altro diviene così l’incarnarsi dell’amore di Cristo mediante il quale egli plasma in loro un nuovo stile di vita (2 Cor 5, 14).
I discepoli di Gesù nel contemplare il mistero della Croce rafforzano in essi l’esperienza di sentirsi amati, perdonati e accolti da Gesù. La croce è la cattedra da cui Gesù rivela, insegna e dona la misericordia di Dio. Dalla Croce egli è per tutti e per ciascuno il Pastore buono e bello che offre la propria vita per le sue pecore e dalla quella croce i suoi discepoli si sentiranno spinti ad imitarlo in un’accoglienza disinteressata e universale tanto da essere capaci di portare, a loro volta, gli altri sulle spalle e a stringerli al petto come fa il buon Pastore (cfr. Fil 2, 1-11), con ogni pecora del gregge.

 La forza della debolezza
 Questo stile genera la cultura dell’inclusione e della cura dell’altro. In questo modo si potrà sconfiggere la contrapposta cultura dello scarto e dell’indifferenza (cfr. Lc 10, 25-37). Questa è la forza del cristianesimo, la forza della debolezza che si impone in ogni situazione come “tenerezza combattiva” (EG 85), che sgorga da un’esperienza sacramentale e mistica che porta ogni vero cristiano a dire con san Paolo “non sono più io che io vivo ma Cristo vive in me” (Gal 2, 20).
La contemplazione di Gesù che in solitudine va verso la crocifissione ci aiuta a riconoscere in lui i tratti dell’agnello mansueto che viene portato al macello (cfr. Ger 11, 19). Da questa contemplazione scaturisce la consapevolezza che “non è il potere che redime, ma l’amore”, verità che sta al centro del messaggio evangelico! “Questo è il segno di Dio: Egli stesso è amore. Quante volte noi desidereremmo che Dio si mostrasse più forte. Che Egli colpisse duramente, sconfiggesse il male e creasse un mondo migliore” (cfr. Benedetto XVI, Omelia in occasione della santa messa per l’inizio del ministero petrino di vescovo di Roma, 24 aprile 2005).
Noi, però, soffriamo per questo stile paziente di Dio. Il suo ritardo, segno della sua infinita misericordia, noi lo leggiamo, invece, come indifferenza e disinteresse. Ma pensando e dicendo questo noi dimentichiamo che “il mondo viene salvato dal crocifisso e non dai crocifissori”: Il mondo, infatti, è redento dalla pazienza misericordiosa e salvatrice di Dio.
La “tenerezza combattiva”, che Gesù richiede ai suoi discepoli, era tutta presente nel cuore di sua Madre, che era rimasta in piedi dinanzi al dramma della Croce di suo Figlio (cfr. Gv 19, 25) senza abbandonarlo e senza piegarsi. La fortezza di Maria risplende in modo particolare nei suoi occhi ed ha la sua radice profonda nel cuore. Questa “tenerezza indomita”, che non si rassegna dinanzi al male e che risponde al male con il bene è la grazia da impetrare per tutti noi in questo giorno di gloria e di passione, nei prossimi giorni della settimana santa.
In questi giorni santi chiediamo a Dio Padre che ci doni questi atteggiamenti di Maria, la donna della nuova Alleanza, che è rimasta fedele al disegno di Dio fino al momento del sacrificio supremo della morte di suo Figlio.
Il Signore ci doni questi occhi e questo cuore: occhi che amano e cuore che vede.
Gli occhi di Maria nei giorni dolorosi della passione di suo Figlio hanno visto tutto               il tradimento  nei  confronti  di   Gesù, tutta  l’ingiustizia   che è   stata         scaraventata su  di Lui e tutta l’ingratitudine di cui era colmo l’amaro calice che Gesù ha dovuto bere, fino all’ultimo sorso. Ma se gli occhi di Maria hanno amato tutti, anche i crocifissori, il suo cuore, invece, già allenato a saper leggere le necessità degli altri, riusciva a leggere nell’animo di quella gente, strumento di tale martirio, il grande bisogno di perdono e di misericordia (cfr.Gv 2, 3).
Perciò, miei cari, dinanzi al grande mistero della passione di Cristo, rivelazione di un amore “senza misura”, professiamo la nostra fede con le parole di san Giovanni Apostolo:
Questo è il messaggio che abbiamo udito da lui e che noi vi annunciamo: Dio è luce e in lui non c’è tenebra alcuna. Se diciamo di essere in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, siamo bugiardi e non mettiamo in pratica la verità. Ma se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, il Figlio suo, ci purifica da ogni peccato.
Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto tanto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità. Se diciamo di non avere peccato, facciamo di lui un bugiardo e la sua parola non è in noi
(1 Gv 1, -10).
 Carissimi, solo camminando con Gesù nella luce della sua amicizia, noi sperimentiamo con certezza ciò che è bello e ciò che libera. Apriamo, pertanto, come Maria, ai piedi della Croce, le porte del nostro cuore a Lui e troveremo la vera vita e la gioia piena.

Melfi, 5 aprile 2020 – Domenica delle Palme

Ciro Fanelli
Vescovo

#chiciseparera

COVID-19: INDICAZIONI CEB

SACRAMENTI, ATTIVITA' ESTIVE, FESTE PATRONALI

CIRO FANELLI

VESCOVO DI MELFI–RAPOLLA-VENOSA

 Prot. N. 08/2020/VE

  INDICAZIONI

DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DI BASILICATA

CIRCA I SACRAMENTI DEL MATRIMONIO,

DELLA PRIMA CONFESSIONE, DELLA PRIMA COMUNIONE, DELLA CRESIMA

E CIRCA LE ATTIVITÀ ESTIVE E LE FESTE PATRONALI

 

Carissimi fratelli presbiteri,

vista l’attuale situazione legata al perdurare della pandemia da Covid-19, mentre continuiamo ad accompagnare e favorire – con tutti gli strumenti oggi disponibili – la preghiera e la vita di fede delle persone e delle famiglie, si rende necessario e urgente poter dare come Regione ecclesiastica ai fedeli alcune indicazioni comuni in merito alla celebrazione dei sacramenti del matrimonio, delle prime confessioni, delle prime comunioni e delle cresime che sono generalmente previste nelle parrocchie dell’intera regione a partire dalla settimana successiva alla Pasqua. La medesima esigenza è avvertita per le attività pastorali estive e per le feste patronali.

Pertanto, in comunione con i Confratelli Vescovi della Basilicata  dopo un attento discernimento, recependo gli orientamenti della Santa Sede e della Conferenza Episcopale Italiana –  vi comunico le indicazioni pastorali condivise dalla Conferenza Episcopale di Basilicata sulle suddette scadenze di pastorale sacramentaria e di attività estive:

  1. Matrimoni

Si conferma quanto già in atto nelle nostre Chiese di Basilicata prima della pandemia, fatta salva la facoltà del Vescovo di derogare a tale norma qualora ci fosse un motivo grave.
Onde evitare, però, più differimenti di date, per via dell’incertezza circa la fine delle restrizioni, si consiglia di rinviare la celebrazione all’anno prossimo, come altre coppie hanno già deciso di fare, escluso il giorno festivo.

  1. Prime Confessioni, Prime Comunioni e Cresime 

È bene che i suddetti Sacramenti vengano differiti all’inizio del nuovo anno pastorale. Infatti, anche se le restrizioni dovessero rientrare, non ci sarebbe il tempo reale e psicologico necessario per una più immediata preparazione. Pertanto, il calendario delle Cresime, previsto dalla Pasqua in poi, è annullato. Cessata l’emergenza sanitaria, provvederemo a concordare un nuovo calendario. I parroci valutino sin d’ora, specie per le parrocchie più piccole, l’opportunità di rinviare la celebrazione al prossimo anno.

  1. Attività estive e di oratorio

La situazione attuale e le considerazioni circa l’evoluzione della pandemia da coronavirus, sembrano sconsigliare fin da ora tutte queste attività, che – stanti le disposizioni delle competenti autorità civili – possono comportare per gli organizzatori, parrocchie e diocesi, responsabilità, anche gravi, specie nei confronti dei minori. Pertanto, tutte le iniziative della Diocesi, delle Parrocchie e delle associazioni diocesane, già programmate, anche qualora le disposizioni civili di salute pubblica dovessero allentarsi, sono prevedibilmente da annullare, salvo che l’emergenza sanitaria venga totalmente superata.

  1. Feste Patronali

Le feste patronali sono da sospendere. Tuttavia, qualora se ne creasse la possibilità, perché cessata l’emergenza sanitaria, è bene limitarsi solo alla festa religiosa.
Le parole pronunciate da Papa Francesco sabato 28 marzo fotografano una situazione che interessa anche l’Italia: “Si incomincia a vedere gente che ha fame, perché non può lavorare, non aveva un lavoro fisso, e per tante circostanze. Incominciamo già a vedere il “dopo”, che verrà più tardi ma incomincia adesso”. Considerata la crisi economica provocata dal coronavirus che colpirà ulteriormente le nostre Comunità e famiglie, già in difficoltà, ci troveremo sempre di più a far fronte a nuove situazioni di persone ridotte allo stremo. I Vescovi di Basilicata, pertanto, non ritengono sia giusto spendere cifre ingenti per una festa civile, in un momento come questo quando avremo tante famiglie che non disporranno del necessario per sopravvivere  o si trovano a piangere la morte di un proprio caro. Questa è l’occasione propizia per esprimere anche il volto bello della Chiesa che sa scegliere vie di sobrietà e sa farsi solidale con tanti fratelli e sorelle in situazioni di bisogno.

Carissimi,
la contemplazione della passione, morte e risurrezione di Nostro Signore durante la Settimana Santa, che ci apprestiamo a celebrare  – adottando tutte le misure sanitarie previste per il contenimento pandemia –   rafforzi in tutti noi le motivazioni evangeliche per continuare ad essere sempre più vicini e concretamente solidali alle tante famiglie che stanno vivendo situazioni di vera sofferenza e di serio disagio economico.
A tutti voi giunga il mio saluto fraterno con le parole di San Francesco d’Assisi: “Pace e bene!”.
Melfi, 2 aprile 2020 – Giovedì della V settimana di Quaresima.

Ciro Fanelli
Vescovo

ORIENTAMENTI SETTIMANA SANTA

IN ALLEGATO I DOCUMENTI

Celebrazioni della Settimana Santa senza concorso di popolo: indicazioni CEI

Mercoledì 25 marzo 2020 –  Decreto della Congregazione per il culto divino

Mercoledì 25 marzo 2020 il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede ha pubblicato un “Decreto” della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, con cui aggiorna – «su mandato del Santo Padre» – le indicazioni generali e i suggerimenti già offerti in un precedente Decreto dello scorso 19 marzo.
Il testo della Santa Sede disciplina le celebrazioni della Settimana Santa, dando disposizioni specifiche per i Paesi colpiti dall’emergenza sanitaria.
Dopo aver chiarito che – nonostante la pandemia – la data della Pasqua non può essere rinviata, indica i criteri con cui celebrarla.
Alla luce delle misure restrittive in atto, che riguardano gli assembramenti e i movimenti delle persone, il Decreto della Congregazione stabilisce che i Vescovi e i Presbiteri evitino la concelebrazione e celebrino i riti della Settimana Santa senza concorso di popolo.

In allegato testo degli “Orientamenti per la Settimana Santa” del Consiglio di Presidenza della CEI, del 25 marzo 2020, “Decreto” della Congregazione  per il culto divino e la disciplina dei sacramenti del 25 marzo 2020 e “Nota” della Penitenzieria Apostolica circa il Sacramento della Riconciliazione nell’attuale situazione di pandemia del 20 marzo 2020.

+ Ciro Fanelli
Vescovo

GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU’

In occasione della Giornata Mondiale della Gioventù (celebrazione diocesana), il Settore Giovani di Azione Cattolica, L’Ufficio per la pastorale delle Vocazioni ed il Servizio di Pastorale Giovanile promuovono il

SOCIAL PARTY DIOCESANO

Sabato 4 aprile 2020

Programma

ore 17.30 tutti sintonizzati sul profilo Facebook @ PalazzoVescovileMelfi

ore 19.00 partecipazione a messa

ATTO DI CONSACRAZIONE

AL CUORE IMMACOLATO E ADDOLORATO DI MARIA

CIRO FANELLI

VESCOVO DI MELFI–RAPOLLA-VENOSA

 ATTO DI CONSACRAZIONE

DELLA DIOCESI DI MELFI-RAPOLLA-VENOSA

AL CUORE IMMACOLATO E ADDOLORATO DI MARIA

VENERDÌ 3 APRILE 2020

Carissimi fratelli presbiteri,

per continuare ad impetrare dalla Vergine Maria, nostra celeste Patrona, il dono della liberazione dalla pandemia che sta attanagliando il mondo intero e per scongiurare i temuti danni economici che si prospettano per tante famiglie, vi invito ad unirvi in preghiera con me, venerdì 3 aprile, alle ore 12,00, per consacrare la nostra Diocesi, le nostre comunità, noi stessi e tutto il popolo di Dio, al Cuore Immacolato e Addolorato di Maria, proseguendo nella novena “perpetua” che ci sta accompagnando in questo tempo di grave emergenza sanitaria e che ci ha portato a sostare idealmente dinanzi al “mosaico mariano del vulture-melfese”, costituito dai tanti riflessi dell’unico volto luminoso della Madre di Dio che il nostro popolo ha venerato nel corso dei secoli.

Con questo atto di consacrazione, vogliamo affidare la nostra Comunità diocesana alla materna protezione della Beata Vergine Maria ed impegnarci ad operare in noi quella conversione interiore tanto richiesta dal Vangelo, per liberarci dai facili compromessi con il mondo e per essere come Maria sempre disponibili a fare la volontà di Dio Padre.

Nell’affidare a Maria – mediante questo atto di consacrazione – la nostra esistenza e vocazione cristiana, mentre ci apprestiamo a celebrare la Pasqua, vogliamo impegnarci, in modo particolare, sia a vivere con Lei e per mezzo di Lei tutti gli impegni del nostro battesimo e sia a porre ogni sforzo per risvegliare in noi un rinnovato spirito di preghiera e di penitenza, attraverso la partecipazione fervorosa all’Eucaristia, la recita quotidiana del Santo Rosario ed uno stile di vita sobrio, che sia a tutti di buon esempio.

Ogni atto di consacrazione a Maria, ogni gesto di affidamento alla sua materna intercessione è tutto racchiuso nella bella preghiera della tradizione cristiana, che vi invito a recitare sempre, soprattutto nelle ore di tribolazione, come quelle che stiamo vivendo: “Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta.

Il Signore ci benedica e ci preservi da ogni male.

Melfi, 1° aprile 2020

+ Ciro Fanelli
Vescovo

 

ATTO DI CONSACRAZIONE
O Vergine Maria, nostra Madre tenerissima, tu risplendi sul nostro cammino come segno
di consolazione e di sicura speranza. La nostra Diocesi, oggi, in questo momento in cui
l’intera umanità è afflitta dalla pandemia del coronavirus e dalle sue gravi conseguenze
economiche, cerca rifugio nel tuo Cuore Immacolato e Addolorato ed implora con affetto
filiale la tua intercessione.
Oggi, o Madre Santissima, vogliamo consacrare al Tuo Cuore Immacolato e Addolorato,
la nostra Diocesi, le comunità parrocchiali, il nostro Vescovo, i sacerdoti, i diaconi, i
seminaristi, le persone consacrate e tutti i fedeli. Liberaci, o Madre della divina Grazia,
dal peccato che è origine di ogni male perché ci pone contro Dio e contro l’uomo.
Implora per noi, o Madre dolcissima, il Figlio tuo diletto, che stringi tra le tue braccia.
Ottienici la vera conversione del cuore, fa’ che la nostra coscienza ascolti sempre la voce
Dio, che ci chiama ad amare, a fare il bene e a fuggire il male. Ottienici una rinnovata
effusione dello Spirito Santo, che è la sorgente della vita nuova in Cristo.
Lo Spirito apra i cuori all’amore e alla speranza e ci aiuti a costruire una nuova civiltà
dove regnino la giustizia e la pace.
Ti affidiamo, o Madre amatissima, tutta la nostra comunità, a cominciare dai più deboli: i
bambini, i giovani in cammino verso la loro realizzazione, i sofferenti nel corpo e nello
spirito, le persone prive di lavoro e quelle segnate dalla tribolazione. Ti affidiamo le
famiglie, specialmente quelle più fragili e bisognose, gli anziani privi di assistenza e quanti
sono soli e senza speranza.
Liberaci dall’epidemia che ci sta colpendo e dalle gravi conseguenze economiche ad essa
legate, affinché possiamo ritornare sereni alle nostre attività e lodarti e ringraziarti con
cuore rinnovato.
O Madre del buon consiglio, che conosci le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce
degli uomini d’oggi, assistici nelle quotidiane prove che la vita riserva a ciascuno e fa’
che, grazie all’impegno di tutti, soprattutto dei sacerdoti, tuoi figli prediletti, le tenebre
non prevalgano sulla luce.
A Te, o vergine Maria di Nazareth, donna della speranza, che ai piedi della croce di tuo
Figlio hai rinnovato il tuo “si” pieno di amore e di fede, consegniamo il nostro cammino
perché sotto la tua guida possiamo incontrare il volto radioso di Cristo, unico salvatore del
mondo, che col Padre e lo Spirito Santo regna nei secoli dei secoli. Amen.

(possiamo fare seguire la recita delle Litanie lauretane e un Padre nostro, un’Ave Maria e un Gloria
al Padre, secondo le intenzioni del Papa)

In diretta streaming su: Palazzo Vescovile Melfi – Radio Kolbe fm98,00

#chiciseparera


Profilo Facebook “Palazzo Vescovile Melfi”

Per facilitare quanti vogliono sentire vicina la presenza del vescovo  in questo periodo di isolamento forzato, S.E. Mons. Fanelli ha provveduto ad iscriversi a Facebook con un profilo Palazzo Vescovile Melfi (non è una pagina). Questa sera, (21 marzo 2020) la prima diretta dalla cappella dell’episcopio con la celebrazione della Santa Messa alle ore 19:00. Quanti vogliono collegarsi devono chiedere l’amicizia al profilo “Palazzo Vescovile Melfi” dal quale profilo ci sarà la diretta alle 19:00. Così per tutta la quaresima.